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Cultura

Griffato o artigianale? L’abito da sposa 2024 nel Sud

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Al Nord prevale l’abito confezionato che segue le tendenze, invece, nel Meridione le spose preferiscono un abito unico e artigianale. Ne abbiamo parlato con Francesca Cutuli artigiana di Paternò

 Pizzi e pietre. È questo l’abito da sposa tradizionale del Sud Italia che si pone in netto contrasto con le tendenze sposa della stagione 2024. Gli elementi più richiesti dalle spose meridionali per i propri abiti sono sicuramente il pizzo,    principe degli ornamenti per l’abito bianco, poiché garantisce tridimensionalità al vestito rendendolo meno piatto e monotono; e le pietre che illuminano l’abito e gli donano unicità. Proprio unicità è la parola chiave per chi organizza un evento nuziale e chi realizza abiti ad esso connessi; tuttavia a livello nazionale e internazionale le spose sono solite orientarsi verso vestiti commerciali e griffati, preconfezionati e, quindi, simili tra loro. La tendenza 2024 prevede delle linee soft e scivolate, con tessuti leggeri e effetti tattoo nel corpetto.

Le regioni meridionali dell’Italia si oppongono alle tendenze internazionali e, soprattutto tramite lavori di artigianato, portano avanti forme meno leggere ma comunque eleganti. Nonostante la tradizione vada in contrasto con le tendenze è possibile unirla all’innovazione, associando modalità di lavorazione artigianali all’antica, a nuovi sistemi e alle moderne tecnologie. Inoltre, gli artigiani devono sempre tenersi aggiornati sui cambiamenti che avvengono nel mondo della moda per adeguarsi alle novità evitando, così, il ristagno del settore.

Abito griffato o artigianale? Francesca Cutuli, artigiana con atelier a Paternò, non ha dubbi. “La fetta di mercato del Sud Italia è un mondo a sé, poiché le spose da sempre prediligono un abito unico e singolare per quello che deve essere il loro giorno speciale” dice alla presentazione della sua collezione 2024, avvenuta ad inizio dicembre dove l’abbiamo incontrata.

Gli abiti proposti da Francesca Cutuli hanno forme classiche e sono riccamente decorati senza mai risultare eccessivi. Inoltre sono impreziositi e completati tramite mantelline e scialli realizzati interamente a mano da Barbara Faro, la quale orgogliosa delle sue creazioni e grata per l’occasione offerta da Francesca, dice: “La ringrazio perché ha creduto in me e nel mio lavoro, ovvero nell’artigianato”.

E lo sposo? Nonostante la sua figura negli ultimi tempi venga maggiormente valorizzata siamo ancora lontani da una totale equiparazione alla sposa. “Al Sud è inculcato il pensiero della disuguaglianza tra abito maschile e femminile – prosegue Francesca Cutuli – . Probabilmente tramite spinte provenienti da contesti più aperti sarà possibile lo sviluppo di un mercato per la creazione di abiti da sposo unici e artigianali”. Sarebbe auspicabile, dunque, che gli sposi frequentassero  sarti, che portassero avanti la tradizione per dare modo al mercato di nascere e prosperare, ma anche per rendere l’abito del marito memorabile come quello della moglie.

Cultura

Catania, l’adranita Lina Scalisi Pro Rettrice Università degli Studi

Il Sindaco di Adrano, Fabio Mancuso, e l’Assessore alla Cultura, Salvo Italia, “esprimono le più sincere congratulazioni alla Prof.ssa Lina Scalisi per la sua nomina a Pro-Rettrice dell’Università degli Studi di Catania” si legge in una nota del comune adranita.

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“Sono lieto di annunciare la mia scelta per la futura nomina della Pro Rettrice dell’Università degli Studi di Catania, indicando il nome della Prof.ssa Lina Scalisi”. A dirlo il neo Rettore dell’Università di Catania Enrico Foti. “Professoressa ordinaria di Storia Moderna presso il nostro Ateneo, la Prof.ssa Scalisi vanta un curriculum di eccellenza e ruoli di grande prestigio.

È stata coordinatrice della VQR, attualmente è coordinatrice nazionale ANVUR per l’Area 11 (Scienze storiche, filosofiche e pedagogiche) e, dal 2020, Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Catania, con riconferma fino al 2026. La ringrazio per aver accolto la mia proposta”.

Il Sindaco di Adrano, Fabio Mancuso, e l’Assessore alla Cultura, Salvo Italia, esprimono le più sincere congratulazioni alla Prof.ssa Lina Scalisi,  per la sua nomina a Pro-Rettrice dell’Università degli Studi di Catania da parte del neo Rettore, Prof. Enrico Foti.

“È con grande orgoglio e soddisfazione che apprendo la notizia di questo prestigioso incarico,” ha dichiarato il Sindaco Mancuso. “La nomina della Prof.ssa Scalisi a un ruolo così importante all’interno della nostra principale istituzione accademica siciliana è frutto della sua eccellenza professionale e della sua lunga carriera universitaria. Come segno di apprezzamento e di felicitazione l’Amministrazione comunale assegnerà alla prof.ssa Scalisi il riconoscimento cittadino il Banchettante 2025”

Per l’Ass.re Italia questo importante traguardo non solo premia le sue indiscusse competenze e profonda cultura, ma testimonia anche come il nostro territorio sia una fucina di talenti capaci di distinguersi a livello universitario, dall’ambito giuridico, archeologico e storico, nazionale e oltre. Alla Prof.ssa Scalisi i migliori auguri per un proficuo lavoro a servizio delle future generazioni che studiano e si formano all’Università di Catania.

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Cultura

Paternò, tra sogni e macerie: la storia, il prezzo della guerra, il futuro incerto

“Il passato non va dimenticato, non possiamo permettere che le vittime del 14 luglio 1943 siano morte invano. Se il futuro deve essere diverso, allora è nostro dovere difendere la pace, continuare a credere nei sogni”

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Paternò, prima del 14 luglio 1943, era un piccolo borgo dove la vita scorreva con una forza che si rifletteva nel sorriso degli abitanti, il frastuono dei carretti per le vie, venditori ambulanti. Pecorai che ogni mattina passavano per vendere il latte a vis a vi. A fera o luni, sempre affollata e nei suoni odori del quotidiano. Un paese che sembrava quasi destinato a un futuro prospero, un luogo dove le speranze degli uomini si intrecciavano con la terra generosa che lo circondava. Gli agrumi più ricercati, le arance e mandarini di Paternò. In quel borgo, la vitalità era palpabile e l’orizzonte si disegnava tra sogni di crescita e trasformazione, una realtà che sembrava promettere un domani migliore. Ma, come accade spesso, la storia non aspetta i desideri e le previsioni.

Paternò, infatti, non era solo un paese di campagna: era un centro militarizzato, dove la presenza dei soldati tedeschi e delle forze dell’esercito italiano segnava ogni angolo. L’armonia tra i militari e la gente del paese sembrava sorprendente per chi non avesse conosciuto la realtà dei piccoli borghi italiani durante la Seconda Guerra Mondiale. I soldati, stranieri e italiani, non erano visti come occupanti, ma piuttosto come una presenza naturale, quasi come se la guerra fosse una parte integrante di quel mondo. La pace, come la guerra, sembrava passare tra le vie di Paternò, e della Sicilia tutta mescolandosi con le storie quotidiane e le sfide di sopravvivenza.

E poi la storia, come sempre, non è fatta solo dai libri. La verità su quegli anni non è sempre quella che raccontano le cronache ufficiali. Gli italiani, pur fedeli agli alleati tedeschi, ressero il fronte fino a che poterono. Poi venne il crollo, la resa che segnò la fine di un’era. Lo sbarco e poi quella fatidica data, il 14 luglio del 1943, segnò l’arrivo del terrore dal cielo. Le bombe non piovvero solo sul paese, ma sulla speranza di un’intera generazione per lunghi anni. I testimoni del tempo, quelli che hanno perso genitori e parenti ancora oggi raccontano quei momenti, trasmettono il ricordo di un dolore che non è mai davvero passato. Dopo più di ottant’anni, ci sono ancora superstiti che raccontano per non dimenticare, per non lasciare che quelle vite spezzate siano solo un ricordo sbiadito nel tempo.

Drammatici giorni di sopravvivenza raccontati dalle testimonianze di Nino Lombardo, Giuseppe Virgillito, Giovanni Palumbo, Carmelo Ciccia e Barbaro Rapisarda con “Apocalisse a Paternò”.

Eppure, nonostante il terrore e il dolore che ha segnato quelle giornate, oggi, in questo mondo che sembra aver dimenticato il peso della storia, c’è chi gioca a ripetere gli errori del passato. La guerra, per alcuni, non è mai lontana. Le parole di guerra, giornale e tv vengono pronunciate troppo spesso, i conflitti si moltiplicano, mentre il mondo si prepara a sfiorare, ancora una volta, il baratro di una guerra globale. E noi, poveri cittadini di questo villaggio il mondo, subiamo le scelte di pochi uomini, lontani e indifferenti, che decidono delle nostre vite senza considerare il nostro futuro.

I racconti dei nostri nonni, che parlavano di sopravvivenza e di lotte quotidiane, per noi ultra sessantenni erano il nostro insegnamento. Quei racconti, lontani nel tempo ma vicini nel cuore, erano il nostro manuale di vita. Non erano solo storie di miseria, ma di coraggio e speranza, che ci spronavano a non arrenderci, a continuare a lottare nonostante le difficoltà.

Oggi, quei racconti non sono solo ricordi, ma insegnamenti che dobbiamo portare avanti. Perché il passato non va dimenticato, non possiamo permettere che le vittime del 14 luglio 1943 siano morte invano. Se il futuro deve essere diverso, allora è nostro dovere difendere la pace, continuare a credere nei sogni e, soprattutto, lottare contro le ingiustizie che i potenti del mondo impongono alle nostre vite. La memoria del passato deve essere il faro che ci guida oggi, per non ripetere gli stessi errori.

Intanto domani è in programma, da parte dell’amministrazione comunale, la cerimonia commemorativa dei bombardamenti su Paternò. L’evento avrà inizio alle ore 9.00, presso Villa Moncada, in memoria delle vittime della II Guerra Mondiale. Il rito si concluderà con l’omaggio floreale alla stele di padre Vincenzo Ravazzini.

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