Con l’ernia, la carie e pure stressati. I siciliani della preistoria non erano poi così dissimili da noi moderni. La differenza è che faticavano più di noi, molto più di noi. Certo, rispetto ai nostri tempi in cui la speranza di vita è sempre alta, l’età media si aggira sugli 80 anni, i nostri avi vivevamo mediamente 50 anni,e si nutrivano non certo di alimenti nutrizionali di una certa importanza: oggi molto spesso si pensa alle diete, si paga “il dietologo” per regolarsi nell’alimentazione. Si tratta di alcune delle scoperte fatte analizzando le ossa ritrovate nelle necropoli della Sicilia. I risultati fino adesso raggiunti arrivano da uno specifico progetto denominato “Salute e malattia in Sicilia” realizzato con l’obiettivo di ricostruire la storia nosologica degli antichi siciliani attraverso l’ispezione dei loro resti mortali, diagnosticare eventuali condizioni patologiche che abbiano lasciato segni inequivocabili sulle ossa, analizzarne lo stress fisiologico correlandoli alle strategie di sussistenza.
Un progetto di analisi, per il momento parziale, che ha permesso di appurare, tenendo conto dei resti mortali analizzati, come gli antichi siciliani fossero dei pastori, forse nomadi, soggetti a grandi fatiche; aventi un’età media superiore ai 50 anni; probabilmente affetti da malattie legate ad una alimentazione non adeguata al tenore di vita che conducevano. Si tratta di una iniziativa che coinvolge i ricercatori di tre atenei europei, ossia quello lituano di Vilnius, e quelli britannici di Oxford e Cranfield, che insieme a quelli dell’IBAM-CNR di Catania, stanno affrontando lo studio dei resti riferibili a vari contesti cimiteriali che coprono un periodo compreso tra il Neolitico e la prima Età Moderna.
Il progetto ha previsto una prima fase di selezione dei materiali e di standardizzazione dei protocolli, una seconda fase di formazione dei ricercatori, per poi passare a una fase operativa, grazie alla cooperazione di numerose istituzioni regionali che hanno reso disponibili i preziosi reperti. Un progetto quinquennale che punta ad analizzare e a capire quali malattie hanno caratterizzato le varie epoche e popolazioni della Sicilia. Il tutto analizzando quello che viene dal passato. La necropoli tardo antica di Paternò, quella arcaica- classica di Kamarina,le grotte preistoriche di Adrano e Biancavilla,le tombe neolitiche dei villaggi del siracusano a Stentinello,la villa romana di Patti e le domus romane di Taormina. “Abbiamo già completato lo studio di due ampie necropoli-ha affermato Dario Piombino-Mascali, coordinatore siciliano dello studio paleo patologico- e stiamo per iniziare un’ulteriore missione insieme con vari dottorandi e giovani ricercatori estremamente competenti e motivati. Dopo aver schedato i materiali, i dati verranno elaborati attraverso un software specifico che permette di ottenere un indice di salute e valutare attraverso il tempo la presenza di stress biologico e di specifiche malattie tra i campioni in esame. Dobbiamo molto, in termini logistici – conclude Piombino-Mascali-agli studiosi di varie sedi di Siciliantica, che hanno contribuito alle diverse fasi di catalogazione.”
Una delle necropoli analizzate è quella di Paternò, ossia il sito ubicato nella zona Gangia nei pressi della Collina storica. Infatti la soprintendenza ai beni culturali di Catania guidata dall’archeologa Rosalba Panvini, ha promosso lo studio paleopatologico dei resti umani pertinenti alla necropoli della chiesa medievale di Santa Maria della Valle di Josafath. Le indagini sono state coordinate dall’archeologa Laura Maniscalco, dirigente della sezione archeologica dell’ente regionale, che nel 2009 aveva supervisionato lo scavo studiandone i reperti. Dopo una prima valutazione dei dati storici, gli antropologi delle università di Vilnius, Oxford e Cranfield hanno esaminato i resti, affiancati dagli archeologi dell’associazione Siciliantica di Paternò, che hanno contribuito all’opera di catalogazione all’interno del locale museo civico. Al termine di un’attenta opera di pulitura, identificazione e documentazione, accompagnate dal microscavo di due sepolture infantili in coppo, si è proceduto al rilievo delle condizioni patologiche.
I reperti, suddivisi in 56 casse, e pertinenti a tutti i sessi e a diverse età, hanno rivelato interessanti caratteristiche, tra cui la presenza di osteoartrosi, a volte particolarmente grave, la frequenza di malattie metaboliche rappresentate da porosità delle ossa, e un numero di traumi, tanto guariti che inferti in prossimità del decesso, rappresentando, per uno dei soggetti, la probabile causa di morte. Anomalie congenite tra cui la spina bifida e una costa biforcata, così come una neoplasia benigna (osteoma) e una possibilmente maligna sono state identificate sui resti. Sono stati evidenziati anche casi di ernie di Schmorl (noduli sui corpi delle vertebre spesso asintomatici), e un caso di miosite ossificante (calcificazione post-traumatica in ambito muscolare). La cospicua presenza del forame omerale sembra essere caratteristica della popolazione in questione. Infine, si sono riscontrati vari casi di patologie dentarie, come la parodontosi, la carie, il tartaro, ascessi e ipoplasia dello smalto legata a un episodio di stress biologico occorso durante l’infanzia.