giudiziaria
Morte Stancampiano, giudizio immediato per il proprietario di casa che lo uccise durante furto
Secondo la Squadra Mobile, Stancampiano e un complice avrebbero tentato un furto nell’abitazione dell’imputato, il quale, rientrando a casa li ha sorpresi e durante una colluttazione con un coltello li avrebbe colpiti

A Reggio Calabria inizierà il 27 dicembre il processo per Francesco Putortì, il macellaio di 48 anni accusato di aver ucciso Alfio Stancampiano, di 30 anni originario di Catania, che il 28 maggio era entrato all’interno della sua abitazione in contrada Oliveto di Rosario Valanidi, e di avere ferito Giovanni Bruno, di 46 anni anche lui catanese. Come richiesto dal pubblico ministero che ha coordinato le indagini, Nunzio De Salvo, nei confronti di Putortì, difeso dagli avvocati Giulia Dieni e Natale Polimeni, è stato disposto il giudizio immediato.
Dopo un periodo di detenzione in carcere, l’imputato è adesso sottoposto agli arresti domiciliari ed è accusato di omicidio volontario e tentato omicidio. Stando alle indagini della Squadra Mobile, Stancampiano e Bruno avrebbero tentato un furto nell’abitazione di Putortì, il quale, rientrando a casa, li ha sorpresi al piano superiore dello stabile. A quel punto, il macellaio, secondo il suo racconto, ha preso un coltello e durante una colluttazione ha colpito i due ladri che poi sono fuggiti facendo cadere le pistole che avevano appena rubato e che erano legalmente detenute da Putortì.
Una ricostruzione che non ha convinto gli inquirenti, secondo i quali, invece, l’uomo avrebbe accoltellato i due alle spalle mentre scappavano. Il primo accoltellato, Alfio Stancampiano, è stato abbandonato dai complici nei giardini dell’ospedale reggino “Morelli”, dove poi è morto, mentre il secondo, Giovanni Bruno, dopo aver traghettato per la Sicilia, è stato costretto perché ferito a recarsi all’ospedale di Messina. Non è escluso che quest’ultimo e i familiari del deceduto decidano di costituirsi parte civile nel processo a carico del macellaio reggino.

giudiziaria
Catania: Fermati con una tonnellata di agrumi in auto, denunciati due pregiudicati
È accaduto a Catania, in via Playa, durante un servizio di pattugliamento della Polizia

Una tonnellata di agrumi stipata all’interno di un’auto ha attirato l’attenzione degli agenti della Polizia di Stato, che hanno fermato due uomini, già noti alle forze dell’ordine, per reati contro il patrimonio. È accaduto a Catania, in via Playa, durante un servizio di pattugliamento della squadra volanti della Questura.
La segnalazione di un veicolo sospetto in transito in via Fossa della Creta, diretto verso via Missori, era appena arrivata alla Sala Operativa. Gli agenti sono riusciti rapidamente a individuare l’auto indicata: il mezzo era talmente carico di agrumi da compromettere la visibilità del conducente e mettere a rischio la sicurezza stradale.
Una volta fermati, i due uomini, di 48 e 49 anni, entrambi pregiudicati, catanesi, hanno tentato di fornire spiegazioni poco convincenti sull’origine del carico. Alla fine hanno ammesso di aver raccolto le arance in alcuni terreni agricoli nei pressi di Lentini, sostenendo che l’area fosse priva di recinzioni e, a loro dire, apparentemente abbandonata.
Non essendo stato possibile stabilire con certezza la proprietà degli agrumi, la merce è stata sequestrata e, al termine dei dovuti controlli, sarà destinata ad enti benefici per la distribuzione ai bisognosi. I due uomini sono stati denunciati per furto.
Durante ulteriori verifiche, gli agenti hanno riscontrato anche diverse irregolarità amministrative a carico del conducente del veicolo, il 49enne, tra cui l’assenza dell’assicurazione obbligatoria e la revisione scaduta. Per queste violazioni, è scattata la sanzione e il sequestro del mezzo, secondo quanto stabilito dal Codice della Strada.
giudiziaria
Catania, il deputato regionale Luca Sammartino resta “sospeso” dai pubblici uffici
Per i giudici “il rischio di ulteriori condotte illecite” è reso “altamente probabile dal permanente svolgimento da parte” di Sammartino del ruolo di “deputato regionale” che “gli consentirebbero di continuare a mantenere condotte antigiuridiche di analogo rilievo”

Fino al prossimo 17 aprile l’ex assessore regionale all’Agricoltura e vice presidente del governo Siciliano, Luca Sammartino resta sospeso dai pubblici uffici. La decisione è della quinta sezione del Tribunale del riesame di Catania che era chiamata a valutare l’istanza degli avvocati di Sammartino, il penalista Carmelo Peluso e il professore Vittorio Manes, dopo che la Cassazione lo scorso novembre ha annullato con rinvio, limitatamente alle esigenze cautelari, l’ordinanza del Riesame che confermava il provvedimento di sospensione della gip. Lo scrive il quotidiano La Sicilia.
Il 17 aprile dello scorso anno scattò l’operazione “Pandora” che portò il leader della Lega in Sicilia – destinatario di una misura interdittiva emessa dalla gip di Catania per due presunti casi di corruzione – a dimettersi dai suoi incarichi, ma non dall’Ars. Nelle scorse ore il Tribunale della Libertà ha, quindi, rigettato l’appello bis della difesa del deputato regionale. Nel provvedimento con cui respinge l’istanza il collegio ritiene non fondate le “doglianze difensive” e invece condivide la tesi del gip visto che “lo stesso ha dimostrato di usare senza remore la sua funzione pubblica e il suo ruolo di deputato regionale in costante dispregio dei principi che governano l’azione della pubblica amministrazione”.
Per i giudici “il rischio di ulteriori condotte illecite” è reso “altamente probabile dal permanente svolgimento da parte” di Sammartino del ruolo di “deputato regionale” che “gli consentirebbero di continuare a mantenere condotte antigiuridiche di analogo rilievo”. Sammartino è stato rinviato a giudizio per due presunti episodi di corruzione, ma il procedimento è fermo perché collegato al “conflitto di attribuzione dei poteri” sollevato dal Senato alla Consulta sull’utilizzo di intercettazioni nella segreteria politica dell’imputato che è condivisa con la parlamentare nazionale Valeria Sudano. La sentenza della Corte Costituzionale potrebbe avere ricadute sul dibattimento.
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