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Chiesa

Uno scrigno di tesori dietro l’angolo

Dentro la cappella del SS. Crocifisso a Paternò, tre ambienti allestiti coi temi pasquali. Uno spazio di arte e preghiera.

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Chi potrebbe dirlo?

Solo pochi.

Percorrendo la leggera salita di via S. Caterina a Paternò, sul fianco ovest del complesso monumentale del monastero delle benedettine, la porticina in ferro battuto che protegge la cappella del SS. Crocifisso, nel tempo pasquale, schiude al fortunato visitatore un tesoro d’arte e di fede.

Da Paternò i più non si a spettano mai granché. E’ la nostra cultura diffusa, fatta di sospetto e, nel migliore dei casi, di scetticismo. Eppure, ai crocicchi della collettività, talora si alza la voce di chi ricorda ai suoi che ci sarebbe molto di che gloriarsi. Si alza quella voce e si è alzata nel tempo: quanti hanno profuso energie e cura perché la città potesse erigersi in alto, fiera di se stessa. E invece, ad oggi quella voce di fierezza se la porta il vento e Paternò sopravvive su se stessa, dimentica del suo orgoglio, salvo qualche nostalgico rigurgito.

Ma torniamo alla via S. Caterina e a quella piccola cappella. Pare che racchiuda un Presepe pasquale.

Entri e trovi l’aula della cappella allestita coi segni della Passione, dalla tavola dell’ultima cena, ai simboli della flagellazione, al reliquiario con un frammento della Santa Croce…ma non è ancora il Presepe pasquale. Procedi, sulla sinistra, ad una sala posteriore e ti ritrovi davanti ad una piccola Gerusalemme, coi suoi abitanti, per le strade e nelle case, con le lucine accese. Da ogni parte, la presenza dei legionari romani, armati di scudo e spada, a presidiare la zona. L’occhio allora inizia a metter a fuoco i singoli scenari e allora scorgi che c’è una via sparsa di palme su cui avanza un asinello con sulla groppa il Cristo e sei proprio all’inizio della narrazione che conosci bene ma che riscopri di scena in scena quasi come fosse nuova. È la narrazione che ognuno vuol sentirsi narrare e a cui ognuno sente il bisogno di credere ciecamente, per resistere alla fatica di ogni giorno che passa e al peso degli anni che vanno via e che portano cambiamenti su cambiamenti mentre l’anima vorrebbe solo punti fissi e certi, posti sicuri su cui riposare.

Ecco perché ti fermi ogni volta e la riascolti quella storia che sul finale, nell’ultima dolcissima scena, sulla sommità di un monte, mostra una statuetta di un Cristo in abito bianco e mantello rosso che reca in mano lo stendardo svolazzante della Risurrezione.

Che storia, questa! La più bella storia di sempre.

 

Chiesa

Biancavilla, “intitolare slargo a padre Salvatore Nicoletti”

La proposta nasce da diversi cittadini e parrocchiani dell’Idria

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Uno slargo da intitolare a Don Salvatore Nicoletti. È questa la richiesta che verrà protocollata, entro settimana prossima, al comune di Biancavilla e indirizzata al primo cittadino Antonio Bonanno.
Primo firmatario, il medico biancavillese Pietro Scalisi, parrocchiano attivo all’interno della parrocchia S.M dell’Idria e membro del Cammino Neocatecumenale che, in queste ore, si sta facendo promotore dell’iniziativa, con il coinvolgimento di tanti cittadini. Ad essere individuata per l’intitolazione in memoria al sacerdote è l’area di Via Gemma, antistante alla casa parrocchiale, nota come Cortile Randazzo.

Alla base della richiesta, si legge nella nota indirizzata al Sindaco, il fatto “che il sacerdote Salvatore Nicoletti è stato parroco per 37 anni presso la parrocchia dell’Idria,  servendo i parrocchiani con dedizione e indefesso lavoro, spendendo la sua vita senza nulla pretendere e soprattutto attenzionando gli ultimi. La parrocchia in tutti questi anni ha dato alla Chiesa tante vocazioni presbiterali, oggi parroci nella provincia di Catania e due missionari in Africa e in Romania, ma anche tre vocazioni per la vita monastica: una suora clarissa nel monastero di Biancavilla, una suora benedettina nel monastero di Catania e una suora F.M.A.” . 

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Chiesa

S.M. di Licodia, festa di San Giuseppe tra devozione, tradizione e gioia

Il via dei festeggiamenti nella serata di ieri con la tradizionale “Sbarrata”. Oggi e domani i cittadini riabbracceranno San Giuseppe

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Sono entrati nel vivo nella serata di ieri, a Santa Maria di Licodia, i festeggiamenti in onore al santo patrono Giuseppe. Un programma all’insegna della tradizione, quello proposto dal Comitato per i festeggiamenti cittadino presieduto da Riccardo Spoto, che permetterà ai cittadini licodiesi di poter vivere diversi momenti dove fede e consuetudini popolari si intrecceranno in un’unica cosa. Un triduo che ha avuto inizio ieri sera presso il sagrato della Consolazione, con la celebrazione eucarestia presieduta dal Vicario Generale della Diocesi di Catania Mons. Salvatore Genchi. A precedere la tradizionale “Sbarrata” del simulacro di San Giuseppe, è stata la processione delle Confraternite licodiesi fino a piazza Umberto I che hanno portato a spalla la statua di Maria Santissima di Licodia realizzata nel 2020 ed ispirata alla Madonna del Robere Grosso, di origine bizantina, trafugata dalla chiesa Santissimo Crocifisso nel 1979.

Giornata di grande festa, invece, quella di oggi domenica 27 agosto, con il giro interno del simulacro ligneo lungo le vie del centro storico del paese. A precedere l’uscita del fercolo su una gremitissima piazza Umberto I, è stata la Santa Messa celebrata dall’arcivescovo di Catania Luigi Renna, il quale ha toccato nella sua omelia diversi punti fondamentali sull’importanza della famiglia nel processo educativo dei figli – con diversi riferimenti ai fatti di cronaca avvenuti in questi giorni a Palermo –  cercando di proporre una chiave di lettura nuova alla luce dell’insegnamento della Santa Famiglia di Nazareth. Come di consueto, è stato poi il primo cittadino Giovanni Buttò a pronunciare il tradizionale messaggio augurale dal balcone centrale del palazzo comunale, rivolto alla cittadinanza. Particolarmente attesa la “cchianata de caseddi” con il fercolo in corsa e la benedizione dei bambini a piazza Torino con l’atto di affidamento al Santo. Ad animare la festa, le musiche della banda licodiese “Giovanni Pacini” e i tamburi imperiali di Militello Val di Catania.

La Festa Patronale di San Giuseppe, a Santa Maria di Licodia rappresenta certamente un’occasione per riflettere sulla forza delle tradizioni, sulla fede e sulla connessione con le proprie radici. È un evento che unisce passato e presente, avvicinando le diverse generazioni attraverso la condivisione di valori comuni. Preservare e onorare questa eredità culturale e religiosa è essenziale e necessario. Una festa Patronale che è molto più di una semplice celebrazione religiosa. È un momento di devozione, cultura e gioia condivisa che unisce la comunità in un legame indissolubile. I festeggiamenti religiosi si concluderanno nella serata di lunedì con la tradizionale asta ed i fuochi d’artificio in piazza Umberto I.

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