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giudiziaria

Catania, processo “12 apostoli”, chiesti 16 anni per il ‘santone’ Piero Alfio Capuana

L’uomo è accusato di abusi sessuali su minorenni consumati in una comunità di ispirazione cattolica

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Sedici anni di reclusione per il ‘santone’ Piero Alfio Capuana, 79enne, accusato di abusi sessuali su minorenni consumati in una comunità di ispirazione cattolica.  Si tratta della richiesta di condanna avanzata, nell’udienza odierna, dalla pubblica accusa Agata Consoli  a conclusione della requisitoria del processo istruito sull’inchiesta ’12 apostoli’.

L’accusa ha chiesto anche la condanna per tre presunte fiancheggiatrici dell’uomo: 15 anni per Fabiola Raciti e 14 anni ciascuno per Katia Concetta Scarpignato, e Rosaria Giuffrida. Secondo la Procura di Catania gli abusi erano presentati come atti di purificazione compiuti da un ‘arcangelo’ reincarnato, plagiando le ragazze. Tra le parti civili che si sono costituite nel processo c’è anche la diocesi di Acireale. La prossima udienza si terrà il 10 dicembre.

 

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Catania, inchiesta antimafia “Doppio Petto”, arrivano le prime condanne

Il GUP ha emesso, in primo grado e col rito abbreviato, 20 condanne per oltre 180 anni. Si tratta di persone vicine al clan Ieni, guidato dal boss deceduto Giacomo Maurizio, ritenuto ai vertici della cosca mafiosa Pillera-Puntina

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E’ arrivata la sentenza dell’inchiesta antimafia “Doppio petto. Il Giudice per le udienze preliminari Anna Maria Cristaldi ha emesso condanne per 20 persone per oltre 180 anni di reclusione.

Processo celebrato col rito abbreviato e che riguardato elementi vicini al clan Ieni, guidato dal boss deceduto Giacomo Maurizio, ritenuto ai vertici della cosca mafiosa Pillera-Puntina. A capo del gruppo ci sarebbero stati i figli del capomafia, Francesco e Dario Giuseppe Antonio Ieni, condannati, rispettivamente, a 20 anni e a 12 anni e otto mesi di reclusione.

Ai due fratelli il 16 ottobre del 2024 la polizia ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa emessa dal Tribunale del riesame che ha accolto un ricorso della Procura, presentato dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Assunta Musella e Fabio Platania, contro la decisione del gip che aveva rigettato la misura per i reati di associazione mafiosa e l’aggravante mafiosa nei confronti dei due indagati.

Condannate per estorsione, rispettivamente a sette anni e sei mesi e a dieci anni di reclusione anche la figlia, Piera Liliana Ieni, e la vedova, Francesca Viglianesi, del capomafia deceduto.

I due fratelli Ieni, Dario Giuseppe Antonio e Francesco, e Francesca Viglianesi sono stati anche condannati a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali, con una provvisionale di 10.000 euro, all’imprenditore Angelo Di Martino, titolare di un’impresa di trasporti che il 4 dicembre del 2023 si è dimesso da presidente di Confindustria Catania dopo l’operazione ‘Doppio petto’.

Dall’inchiesta sarebbe emerso che avrebbe pagato il ‘pizzo’ al clan senza denunciare l’estorsione. L’operazione ‘Doppio petto’ della Squadra Mobile è stata eseguita il 1 dicembre del 2023, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare per 18 indagati accusati, a vario titolo e con differenti profili di responsabilità, di detenzione e porto di armi, estorsione aggravata dal metodo mafioso, usura, trasferimento fraudolento di valori, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
 

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Cronaca

Catania, chiesto l’ergastolo per Leonardo Fresta per l’omicidio della compagna Debora Pagano

Secondo l’accusa l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso spiegando il ritardo perché era “sotto choc”. La prossima udienza si terrà il 17 giugno per l’arringa della difesa

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Per Leonardo Fresta, il panificatore di 43 anni accusato di avere ucciso la convivente Debora Pagano, 32 anni, nel luglio del 2022, nella loro abitazione di Macchia, frazione di Giarre, la pubblica accusa rappresentata dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Fabio Platania ha chiesto l’ergastolo e l’isolamento diurno per due anni.

Secondo l’accusa l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso spiegando il ritardo perché era “sotto choc”. La prossima udienza si terrà il 17 giugno per l’arringa della difesa.  Per la Procura le “anomalie” consistono nello “stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui è stato dato avviso dallo stesso Fresta al 118 pur essendosi, a suo dire, “immediatamente reso conto del decesso”.

I carabinieri hanno anche rilevato mediante l’utilizzo del ‘luminol’ la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione anche in ambienti diversi dal bagno e una “generalizzata, e ingiustificata per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi”. La coppia aveva una bambina che allora aveva sette anni e che il giorno della morte della madre era a casa della nonna materna.

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