La città di Paternò sembra già di aver dimenticato eppure è trascorso solo un anno. Nella commemorazione di ieri pomeriggio, in via Verga, per ricordare ad un anno dal suo omicidio Mohamed Mouna, il 27enne cittadino marocchino ucciso a coltellate in via Giovanni Verga dal suo “caporale”, peraltro connazionale, solo perché aveva chiesto a quest’ultimo di essere retribuito per il suo lavoro svolto nelle campagne, erano presenti circa 35 persone.
I componenti dell’A.N.P.I. sezione “Carmelo Mio” di Paternò (l’associazione che ha organizzato la commemorazione) il sindaco Nino Naso e un assessore, la FLAI CGIL rappresentata dal suo segretario provinciale Pippo Glorioso, i componenti dell’ANPAS, i rappresentanti del gruppo politico “Voce” e dell’associazione “Penelope” nonche un gruppo di studenti. Nessun altro. Ci si chiede dove erano i rappresentanti delle altre associazioni del terzo settore, i partiti politici nonche i consiglieri comunali? Nei mesi seguenti all’omicidio la comunità paternese decise di dedicargli una targa “a testimonianza che non si può rimanere indifferenti davanti all’ingiustizia e allo sfruttamento disumano del lavoro- hanno scritto sui social i componenti dell’A.N.P.I.- Quella di ieri era una commemorazione per non dimenticare che ogni essere umano ha diritto a condurre una vita dignitosa e libera dallo sfruttamento”.
Andrea Maione dell’ANPI ha ricordato come “Mohamed Mouna fosse un lavoratore stagionale e che viveva in condizioni disumane. E’ stato ucciso perchè chiedeva di esser pagato quel poco nonostante il lavoro durissimo nelle campagne. Deve essere un monito per tutti. La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro e quest’ultimo riguarda tutti non solo italiani ma anche stranieri. La necessità è quella di garantire il diritto al lavoro per tutti”.
Il sindaco di Paternò Nino Naso ha specificato che la sua presenza alla commemorazione non è stato “solo un momento formale ma anche sostanziale. Ne sono una testimonianza la nostra partecipazione a tutti i tavoli organizzati dalle associazioni contro il caporalato, abbiamo inviato tutte le richieste alla Regione e agli enti sovrastanti con cui c’è una continua interlocuzione per avere i finanziamenti necessari per sviluppare una civile convivenza e dare alloggi dignitosi ai lavoratori stranieri regolari. Noi siamo per l’inclusività e chi viene qua deve rispettare le regole”.
Per il sindaco Nino Naso la baraccopoli di Ciappe Bianche “è una indecenza. Abbiamo e continueremo a farlo con tutti gli enti per aver una sinergia comune . L’importante è che nessuno speculi dal punto di vista politico”.
Pippo Glorioso segretario provinciale della FLAI CGIL ha sostenuto che a “distanza di un anno i problemi non sono stati risolti. Bisogna ripartire dall’intesa di massima uscita fuori dalla riunione in prefettura: era stato dato mandato al sindaco di trovare alloggi provvisori per questi lavoratori. Chiederemo come FLAI CGIL di ripartire dal quel tavolo. Ognuno di noi deve ripartire dalle responsabilità che gli competono. Chiamiamo la Prefettura e ripartiamo da lì”.
La Flai e la Cgil di Catania, per bocca di Glorioso e del segretario generale della Camera del Lavoro, Carmelo De Caudo, chiederanno alla Prefettura quali sono stati gli esiti del “tavolo” attivato nel 2024 a Palazzo Minoriti. “La baraccopoli è ancora lì. Eppure questi lavoratori sono essenziali per l’economia dei nostri territori agricoli. Bisogna dunque ripartire dai permessi di soggiorno e dalla dignità del lavoro di queste persone. – commentano Glorioso e De Caudo- Chiederemo alla Prefettura a che punto è il “tavolo”’ e cosa abbia prodotto fino a ora. Nei giorni scorsi, 8 lavoratori che vivono a Ciappe Bianche sono stati contrattualizzati da un’azienda grazie al progetto “BreakFree-Spezza le catene dello sfruttamento” dell’associazione del Patto del Simeto che vede partner la Regione Sicilia, l’Anpas, e la Flai Cgil, Progetto finanziato da Action Aid e Fondazione Realizza il Cambiamento che prova anche a mettere insieme. la domanda e l’offerta lavorativa. È dunque possibile operare se si ha la volontà di fare le cose”.
Intanto la baraccopoli- tendopoli di Ciappe Bianche è tornata a ripopolarsi. Almeno 130 persone(lavoratori stranieri per lo più tunisini e marocchini), secondo i dati forniti dalle associazioni di volontariato, sarebbero presenti allo stato attuale all’interno di una “struttura” i cui residenti vivono in condizioni disumane.