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Cronaca

Catania, indagate 4 persone per usura e estorsione

Le somme concesse in prestito, oscillanti tra i 500 ed i 3.000 euro, sarebbero state elargite in contanti con una decurtazione, già alla consegna, di una rata a titolo di interesse con un tasso mensile variabile dal 60 fino al 300% del capitale finanziato

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Usura e estorsione. Sono i reati contestati dal comando provinciale della Guardia di Finza a 4 persone, tra cui tre donne. Nei confronti dei 4 indagati è stata applicata la misura cautelare personale dell’obbligo di dimora Le indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, hanno permesso di acquisire, elementi che dimostrerebbero la loro partecipazione, talvolta a titolo individuale e talvolta in concorso, alla commissione dei due reati . In particolare, l’attività usuraia sarebbe perpetrata nei confronti di soggetti in difficoltà economiche appartenenti allo stesso nucleo familiare.

L’indagine è partita dalle dichiarazioni delle “vittime” costrette, per far fronte a comuni esigenze della vita familiare, a rivolgersi a soggetti che avrebbero prestato denaro, operando nella zona di Picanello e del Villaggio Sant’Agata, con un elevato tasso usurario, determinando il depauperamento del patrimonio economico delle vittime.

In particolare, l’attività usuraia, secondo quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, sarebbe stata perpetrata nei confronti di una pluralità di soggetti, prevalentemente in difficoltà economiche e a volte appartenenti anche al medesimo nucleo familiare. Le somme concesse in prestito, in media di modesta entità ed oscillanti tra i 500 ed i 3.000 euro, sarebbero state elargite in contanti con una decurtazione, già alla consegna, di una rata a titolo di interesse con un tasso mensile variabile dal 60 fino al 300% del capitale finanziato.

L’entità dei prestiti e la durata sarebbe stata calibrata sul profilo del richiedente, in base al grado di solvibilità. Nel corso delle indagini è emerso come gli indagati avrebbero, nella gestione delle posizioni debitorie, provveduto anche a sollecitare il recupero delle rate insolute nei confronti dei “clienti” ed avrebbero a tal fine intimorito e minacciato i debitori invitandoli alla regolarizzazione della propria posizione finanziaria.

Specificatamente, il sistema di restituzione adottato dagli indagati non avrebbe consentito una facile estinzione delle somme pattuite essendo utilizzato usualmente un meccanismo con previsione di una corresponsione mensile di quote di interessi senza soluzione di continuità, non conteggiate ai fini dell’estinzione del prestito e ciò fino a quando la vittima non avesse provveduto alla riconsegna integrale, in unica soluzione, dell’importo erogato alla data dell’accordo, con ciò determinando, a causa di tali peculiari modalità di estinzione, in alcune vittime l’esigenza, pur di estinguere il prestito in corso, di contrarne un ulteriore ad un importo superiore.

Nel corso delle indagini sono stati sentiti anche i presunti debitori, al fine di acquisire più specifici dettagli sulle modalità del prestito contratto.

 

Cronaca

Catania, beni per 2 milioni confiscati agli eredi di Giovanni Fraschilla

La Corte d’Appello rigetta l’impugnazione da parte degli eredi, confermata la pericolosità del capofamiglia

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La Polizia di Stato di Catania ha eseguito un provvedimento di confisca di secondo grado emesso dalla Corte d’Appello nei confronti degli eredi di Giovanni Fraschilla, figura già nota alle forze dell’ordine per una lunga serie di precedenti penali, tra cui un’indagine per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Il patrimonio in questione, del valore stimato di circa due milioni di euro, comprende due immobili situati nel quartiere di Nesima e due imprese commerciali. La confisca conferma quanto già disposto in primo grado dal Tribunale di Catania nel luglio 2023, che a sua volta aveva fatto seguito al sequestro eseguito nel gennaio dello stesso anno, nell’ambito delle misure di prevenzione patrimoniali.

Dopo la morte di Fraschilla, i suoi eredi avevano presentato ricorso contro il provvedimento, contestando la legittimità della misura patrimoniale, poiché adottata successivamente alla revoca della sorveglianza speciale a suo carico. Secondo i ricorrenti, l’assenza della misura personale al momento del sequestro avrebbe fatto venir meno il presupposto della pericolosità sociale.

La Corte d’Appello ha però rigettato l’impugnazione, chiarendo,  con una motivazione articolata, l’autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali. I giudici hanno ribadito che è legittima la confisca dei beni riconducibili a un soggetto che li abbia acquisiti in un periodo in cui risultava socialmente pericoloso.

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Cronaca

Mineo, avrebbe smerciato banconote false ad ignari esercenti, denunciato 60enne

Nel corso dei controlli i carabinieri hanno rinvenuto, tra il sedile e lo sportello lato guida del veicolo dell’uomo, un robusto manganello di legno che è stato sottoposto a sequestro

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Avrebbe fatto circolare banconote false tra i commercianti del calatino. Un 60enne di Palagonia è stato denunciato dai Carabinieri della Stazione di Mineo dopo essere stato individuato grazie anche alle segnalazioni di alcuni commercianti.

Il lavoro investigativo dei Carabinieri della locale Stazione e una mirata attività vigilanza, con la collaborazione degli esercenti del posto, hanno consentito di individuare il 60enne in azione si sarebbe in un’attività commerciale di Mineo, quasi ad orario di chiusura, tentando di comprare un prodotto di pochi euro con una banconota da 20 euro, risultata falsa.

Il commerciante, memore delle raccomandazioni dei Carabinieri, ha sottoposto la banconota all’apposito apparecchio rilevatore che ha dato il suo responso negativo, per cui il denaro (falso) non è stato accettato.

Inoltre, il negoziante, accortosi dell’accaduto, ha immediatamente allertato la Stazione dei Carabinieri, fornendo una dettagliata descrizione delle fattezze e dell’abbigliamento del 60enne.

I militari sono riusciti a localizzarlo dopo pochi minuti, in via Roma, all’incrocio con via Terranova, proprio mentre stava per salire a bordo della propria autovettura.

Una volta fermato, il 60enne ha addotto fantasiose giustificazioni ma, poi, l’accurato controllo eseguito su di lui e sulla sua autovettura, ha dato la conferma: l’uomo, infatti, è stato trovato dai Carabinieri ancora in possesso all’interno del suo portafoglio di una banconota da venti euro, verosimilmente quella poco prima rifiutatagli dall’esercente, mentre nell’abitacolo del veicolo hanno constatato la presenza dell’incarto di una pasticceria del luogo con i prodotti ancora al suo interno.

L’immediata verifica eseguita dai militari in quest’ulteriore esercizio commerciale, invero, ha ulteriormente aggravato la posizione del 60enne che, per l’acquisto di quei pasticcini, aveva consegnato alla cassiera una banconota da venti euro anch’essa falsa e pertanto sequestrata dagli investigatori dell’Arma. Nel corso dei controlli è stato rinvenuto, tra il sedile e lo sportello lato guida del veicolo, un robusto manganello di legno che è stato sottoposto anch’esso a sequestro.

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