Connect with us

In Primo Piano

Ex Qè, parlano i lavoratori licenziati: «aspettavamo questo giorno da tempo»

Sulla vicenda, legata all’attività di indagine della Guardia di Finanza, nota anche dell’azienda Di Bella: «con Qè solo rapporti contrattuali».

Pubblicato

il

Anni di lotta, di fatica, nel tentativo di salvare il loro posto di lavoro. Fino al 3 ottobre del 2016, quando, giunti in azienda, i cancelli del call-center rimasero chiusi. Il call center Qè ufficialmente aveva smesso di esistere. Lavoratori fuori dai cancelli, tra lo sgomento generale, impossibile riuscire a rintracciare il presidente della società, Patrizio Argenterio e l’Amministratore delegato, Mauro De Angelis. Era l’inizio della fine.

A poco più di tre anni di distanza si scrive una nuova pagina, quella determinata dalle indagini delle fiamme gialle, coordinati dalla Procura di Catania.

Alla notizia, come hanno reagito i lavoratori? «Ricordo ancora le sue parole quando firmammo l’accordo di solidarietà: tanto falliamo tutti – afferma l’ex lavoratrice e sindacalista della Cgil, Valentina Borzì -. Bene, il fallito oggi è lui come imprenditore e come persona. Le indagine non hanno fatto altro che confermare quello che abbiamo sempre sostenuto e denunciato, ossia che abbiamo avuto a che fare con dei farabutti. Aspettavamo questo giorno da tanto tempo. Il sequestro dei beni e gli arresti domiciliari ci hanno reso in parte giustizia. Sinceramente vorrei che con la conclusione di tutta la vicenda gli venga inflitta una pena più severa. Oggi il mio pensiero va soprattutto a quei lavoratori che sono rimasti senza lavoro nella speranza che il nostro martoriato territorio possa offrigli nuove opportunità lavorative». Per loro restano da pagare ancora delle mensilità di stipendio e il Tfr.

Non sono solo i lavoratori a dire la loro. C’è anche chi ha la necessità di dover operare dei distinguo, per evitare confusione e fraintendimenti. E’ la società Di Bella, richiamata nell’indagine, per essere tra i creditori di Qè, visto la titolarità del capannone dato in affitto al call-center. Da locatore, la Di Bella, ha ricevuto una somma, pari a 828.700 euro, in violazione, secondo gli investigatori, della par condicio creditorum.

La sua posizione la Di Bella, la spiega in una nota dove evidenzia: «In relazione alle notizie, nelle quali si ipotizza che la società Di Bella SRL fosse destinataria di pagamenti preferenziali effettuati dalla QE srl, società oggi fallita, si precisa che: non sussiste alcun collegamento tra la Di Bella SRL o i suoi amministratori e il sig. Patrizio Argenterio, le società da questi dirette o possedute e i soggetti di cui l’Argenterio si è avvalso per l’amministrazione delle sue società. I pagamenti ricevuti dalla Di Bella SRL, tutti in periodo non sospetto, avevano fondamento in rapporti contrattuali trasparenti e risalenti negli anni. La Di Bella SRL precisa che, proprio sulla base delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica, è stata accertata la sua estraneità – e quella dei suoi amministratori – al fallimento della QE SRL e alle eventuali operazioni distrattive compiute da chi amministrava detta società. La Di Bella SRL e i suoi amministratori ribadiscono la loro estraneità a qualsiasi ipotesi di reato e la piena fiducia nell’operato della Magistratura».

Clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

In Primo Piano

Paternò, la nota del primo cittadino Nino Naso sul presunto coinvolgimento nelle indagini dell’operazione “Athena”

Pubblicato

il

Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa del sindaco di Paternò Nino Naso in relazione all’operazione antimafia portata avanti dai Carabinieri del comando provinciale e l’eventuale coinvolgimento del primo cittadino paternese in reati di scambio di voti. Ricordiamo che per gli amministratori comunali, il sindaco Nino Naso e l’assessore Salvatore Comis, la Procura aveva chiesto un provvedimento cautelare che è stato rigettato dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo in quanto ha ritenuto di escludere la sussistenza dei necessari gravi indizi di reato riguardo alla posizione del sindaco Naso. Secondo il gip, l’assunzione di due persone vicine alla cosca, in un’azienda che si occupa di rifiuti e il presunto sostegno elettorale “non appaiono prospettabili” e, citando un provvedimento della Cassazione, ricorda che ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso è necessaria “la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso”.

La nota del Sindaco

In relazione alla notizia divulgata in data odierna dalle agenzie di stampa di un mio coinvolgimento nelle indagini culminate con l’emissione di un’ordinanza cautelare nei confronti di diversi soggetti nel territorio di Paternò per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e diversi reati fine, manifesto come sempre la mia piena fiducia nel sistema giudiziario e nei Giudici che saranno chiamati a valutare il mio operato. So di essere estraneo all’accusa che mi è stata mossa di voto scambio dal momento che tutta la mia vita è stata improntata al massimo rispetto della  legge e per nulla al mondo avrei mai abdicato ai principi di correttezza e onestà cui ho uniformato al mio agire privato e pubblico. Apprendo, sempre attraverso gli organi di stampa, che il Giudice per le Indagini Preliminari ha rigettato la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura della Repubblica nei miei confronti per mancanza dei gravi indizi, ovvero di elementi idonei a ritenere fondata l’accusa mossa nei miei confronti. Confido, pertanto, che questa vicenda possa a breve concludersi e, nelle more, mi permetto di invitare le opposizioni -ed anche la stampa- ad un maggiore rispetto, se non del sottoscritto, del provvedimento emesso dal GIP presso il Tribunale di Catania, il quale esclude responsabilità penali a mio carico.

 

 

Continua a leggere

In Primo Piano

Ipocondriaco in azione, approfitta immotivatamente del SSN

Un uomo, 55enne, colto dall’ansia ipocondriaca, mette a punto un sistema per usufruire di esami diagnostici, a spese del SSN, presso diversi ospedali della penisola. Scoperto, l’uomo è stato denunciato.

Pubblicato

il

Succede così: quando la paura di essere ammalato di un qualche acciacco insidioso e nascosto ti prende, cominci a vivere uno stato di continua ansia e ti determini a consultare medici su medici, nella febbrile ricerca di pareri che possano tranquillizzarti. Senonché, il senso di rassicurazione è di breve durata e lascia presto il posto al timore che, di sicuro,  un qualche malanno lo devi pur avere ma il medico non se ne è accorto.  Si chiama ipocondria ed è, probabilmente, alla base del curioso caso che ha portato alla recente denuncia di un 55enne, di origini venete, che, sotto falso nome, si è presentato presso diverse strutture ospedaliere dello Stato, a brevi intervalli di tempo, denunciando malesseri che hanno di volta in volta determinato l’ospedalizzazione del paziente e la sua sottoposizione a specifici e costosi esami.

Il sistema, messo a punto dall’uomo, è andato a monte quando alcuni sanitari che lo avevano già avuto in cura lo scorso mese di ottobre, presso il reparto di Neurologia del Cannizzaro di Catania, dove l’uomo, simulando un malore, “sensazione di debolezza e riduzione della sensibilità degli arti di sinistra”,  era riuscito a farsi ricoverare, se lo sono ritrovato, il mese successivo, ricoverato per accertamenti presso il reparto di neurologia dell’Ospedale “Gravina” di Caltagirone, dove,  fornendo false generalità, era riuscito ad essere ricoverato, anche questa volta presso il reparto di neurologia. Riconosciuto, dunque, da personale sanitario che presta servizio in entrambi i nosocomi, il paziente, scoperto e in evidente stato di imbarazzo, non ha saputo fornire alcuna spiegazione relativamente alle false generalità fornite al momento del ricovero. L’uomo se l’è data alla fine a gambe, sgattaiolando alla svelta fuori dal reparto in cui era stato ricoverato e facendo perdere le proprie tracce.

I fatti sono stati denunciati ai poliziotti del Commissariato Borgo Ognina i quali, si sono messi sulle tracce del paziente per accertarne la vera identità e capire quali fossero le ragioni sottese all’insolita condotta dell’uomo. In breve tempo, gli agenti sono riusciti a risalire in modo certo ai dati anagrafici del paziente. L’uomo, è risultato essere già stato denunciato per fatti analoghi: altre volte aveva fornito false generalità, al fine di fruire gratuitamente di prestazioni sanitarie presso gli ospedali di Grosseto, Chieti, Venezia, Cremona e Parma, ove si era recato mesi prima.

La preoccupazione eccessiva riguardo la propria salute e la volontà di effettuare più esami clinici a costo zero, poiché a carico del servizio sanitario nazionale, ottenendo al contempo più consulenze mediche, lo avevano spinto a recarsi, con cadenza mensile, presso gli ospedali dei più disparati comuni d’Italia, registrandosi ogni volta sotto falso nome.

Il malato immaginario è stato denunciato per il reato di sostituzione di persona che prevede la pena della reclusione fino ad un anno.

 

Continua a leggere

Trending