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Storie

Gli spingitori di Fabrizio corrono chilometri con le gambe e soprattutto con il cuore

Anche il pasticciere licodiese, Antonio Greco nel gruppo di runners volontari che spingono Fabrizio alle maratone

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Esistono mille modi di correre. A volte la corsa è più una questione di cuore che di gambe, dove conta di più l’esperienza che il risultato. Lo sa bene il licodiese Antonio Davide Greco, che ha fatto parte, in diverse maratone, del gruppo dei spingitori. Il nome, spingitori, fa venire in mente un vecchio e divertente sketch di Corrado Guzzanti nei panni della conduttrice Vulvia, ma questa è tutta un’altra storia di amicizia e solidarietà. E’ la storia sportiva dabrividi,che vede protagonistaFabrizio Casadei, giovane ragazzoriminese,di 45 anni, tetraplegico dalla nascita. Una storia che mischia generosità, vita, e sport nella sua accezione più pura, lontano dalle urla e dagli strepiti del tifo agonistico. Fabrizio vive da sempre su una sedia a rotelle e riesce a comunicare solo con le espressioni del volto, ma con l’aiuto di amici che si passano un ipotetico testimone e lo spingono, a staffetta, dallo start allo striscione dell’arrivo, – senzaguardare mai il cronometroperché la felicità non si misura con il tempo -, è riuscito già a partecipare a diverse maratone.

L’idea del gruppo di spingitori di Fabrizio è nata qualche tempo fa da Gabriele Rusin, meglio noto come “Gelo”, storico giocatore, per chi non lo sapesse, del Basket Rimini . Protagonista, tra le altre cose, della splendida promozione della Koncret nella primavera del 1997, militante nella vecchia A2, che finì col conquistare la serie A. Ora “Gelo”, oltre al basket coi bimbi, si diletta con podistiche e maratone e nel 2012 ha avuto la brillante idea di regalare al suo amico Fabrizio in occasione della sua laurea una maratona.Proprio così, per la sua laurea in filosofia.Fabrizio nonostante la disabilità ha portato a compimento gli studi con il massimo dei voti, spostando con gli occhi un cursore sul computer. Qualcosa di incredibile, una forza di volontà straordinaria, che non poteva non essere premiata con un regalo altrettanto eccezionale.  Non è stato difficile mettere insieme tanti runners volontari, anche grazie a un apposito gruppo su facebook capace di raccogliere quante più adesioni possibili da tutta Italia e da allora l’avventura di Fabrizio non ha avuto più fine.

Ha raccolto l’invito a partecipare dall’amico Lorenzo Pagani anche Antonio, conosciuto a Santa Maria di Licodia per la sua attività di pasticcere, che da alcuni anni si è appassionato di atletica leggera, trascorrendo i suoi pomeriggi a percorrere chilometri. Dell’esperienza racconta : «Arrivare al traguardo ti dà una gioia pazzesca, arrivarci in gruppo insieme ad un amico che non può correre sulle proprie gambe è mille volte più emozionante».  Senza retorica, Antonio non nasconde la gioia e la bellezza di avere prestato le proprie gambe a chi non può correre in autonomia. «Uno spingitore – aggiunge – corre, spinge, fischia, legge occhi e sorrisi. Avvisa se davanti vi sono buche da evitare, controlla che il ragazzo stia bene. Sostiene la squadra, si mette a disposizione. Canta, urla e a volte resta qualche istante in silenzio a godersi lo spettacolo dei sogni che corrono. E poi taglia il traguardo con le lacrime agli occhi. Come sempre, ma con qualche buona ragione in più per credere che le cose si possono cambiare. Di corsa». Antonio porta a casa una grande lezione di vita per far conoscere le risorse dei disabili, senza compassione e senza pietà. Atteggiamenti inutili in un Paese che dovrebbe sforzarsi di eliminare qualsiasi tipo di discriminazione e creare opportunità.

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Catania, auto della municipale di Biancavilla, multata dai vigili urbani del capoluogo etneo

Inizialmente si pensava che la Panda multata fosse in uso alla polizia municipale catanese.

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Un’auto della polizia municipale di Biancavilla in missione a Catania, in sosta in modo non appropriato, è stata multata dai vigili urbani del capoluogo etneo in via Gabriele Carnazza. Il fatto è successo nella giornata di ieri e a portare alla luce, soprattutto sui social, è stato l’avvocato Mattia Iachino Serpotta, molto attivo sui social. Il suo post è stato successivamente condiviso dal sindaco di Catania, Enrico Trantino.

Inizialmente si pensava che la Panda multata fosse in uso alla polizia municipale catanese e sanzionata da un vigile urbano in borghese. “Signore e Signori, con la voce rotta dall’emozione, nell’anno del Signore 2025, segnalo una macchina della Polizia locale di Catania (meglio noti come vigili urbani) multata da un loro collega in borghese, in via Gabriele Carnazza- si legge su “Facebook”- Non si vedevano queste cose dal ’65. Mi sono commosso. E Zurigo muta. Se io ti posso multare e voi potete multarmi, tutto il mondo si può multare” scriveva sui social l’avvocato Serpotta.

Tuttavia, come ha rilevato successivamente “Video Star”, l’auto multata appartiene al corpo della Polizia municipale di Biancavilla. Lo stesso sindaco di Catania Enrico Trantino aveva precisato che l’autovettura in questione è in dotazione ai vigili urbani di un altro Comune etneo.

“Non usiamo più Panda da quando abbiamo le nuove auto ibride ed elettriche”, fanno sapere da piazza Spedini.  Venuto a conoscenza della novità l’avvocato Serpotta ha aggiornato la “notizia”: “La  Polizia locale di Catania smentisce che sia una loro auto. Mi sembra ci sia materiale per un ricorso allora” ha scritto l’avvocato Serpotta.

 

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Cultura

Catania, Iulia torna a casa: la lapide che scuote la storia dell’Etna

Un’antica epigrafe cristiana riscrive la memoria di Catania e Hybla

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A Catania il ritorno di un’antichissima epigrafe cristiana. Ma dietro la tenerezza della bambina di Hybla si cela un messaggio potente: il passato non è muto. Bisogna saperlo ascoltare.

Il 17 luglio 2025, alle ore 18:00, il Museo Diocesano di Catania apre le sue porte a un evento che non è solo culturale, ma anche simbolico. Arriva finalmente a casa, dopo due secoli d’esilio a Parigi, la lapide di Iulia Florentina, una bambina morta a soli diciotto mesi e sepolta “davanti alle porte dei martiri”. È il cuore pulsante della mostra “Revelare. AGATA | rivive | IVLIA”, che sarà visitabile fino al 6 marzo 2026.

Ma dietro quel marmo freddo e silenzioso si nasconde una storia potentissima. Perché Iulia non era di Catania. Era nata a Hybla, un nome antico che riecheggia nelle fonti classiche e che oggi possiamo riconoscere con sicurezza in Paternò, sul versante sud-ovest dell’Etna.

E qui comincia il terremoto storiografico.

 

Un’epigrafe cristiana che riaccende la memoria di una città pagana

L’iscrizione di Iulia è, a oggi, la più antica testimonianza cristiana certa dell’area catanese. Fu scoperta nel 1730 a Catania, in una campagna appartenente a Ignazio Rizzari. Eppure, è molto di più di un reperto funebre: è un documento che fa luce su una fase poco conosciuta della Sicilia tardoantica, quando il cristianesimo stava conquistando gli spazi pubblici, le necropoli, i nomi, gli animi.

Iulia nata a Hybla”: cinque parole incise che sfondano il muro del tempo. Perché Hybla – o meglio Hybla Major – è l’antico nome di Paternò. Una città che oggi vive troppo spesso dimenticata nel presente, ma che ha radici millenarie, forti, profonde. Tuttavia, attenzione: non confondiamo la cristianità della lapide con le origini di Hybla.

La città in cui nacque Iulia era antichissima, e pagana. Qui, in tempi remoti, si venerava Venere. Il culto della dea — tra i più diffusi nel Mediterraneo precristiano — è testimoniato da reperti votivi e statuette, oggi conservati in musei siciliani e internazionali. Hybla fu luogo sacro ben prima che i Vangeli vi mettessero radici. La lapide di Iulia non cancella questa storia: la completa.

 

La bambina, i martiri e l’Etna: quando la pietra parla

La frase incisa sulla lapide – “davanti alle porte dei martiri” – è un capolavoro di sintesi teologica e topografica. Significa che a Catania, nel IV-V secolo, esistevano già luoghi di culto legati ai martiri, come Sant’Agata e Sant’Euplio. Non c’è nulla di retorico qui: questa è una prova concreta. Uno squarcio reale sulla vita religiosa dell’Etna in epoca tardoimperiale.

La piccola Iulia fu sepolta accanto a chi aveva dato la vita per la fede. Questo ci dice che la sua famiglia era cristiana, probabilmente convertita da poco. E che la fede, in quel tempo di confini mobili tra paganesimo e cristianesimo, non era ancora una tradizione, ma una scelta. Spesso una sfida.

 

Il ritorno: un segnale per il presente

Il ritorno della lapide è stato reso possibile grazie all’impegno congiunto dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, vicario episcopale per la Cultura. Al loro fianco, l’Archeoclub d’Italia – sede di Ibla Major, e i Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, da anni protagonisti nella riscoperta del patrimonio identitario etneo.

La mostra “Revelare” nasce proprio da questo sforzo collettivo ed è molto più di una semplice esposizione: è una sfida alla narrazione ufficiale. Perché la storia non è mai lineare, ma fatta di fratture, crolli e rinascite. “Revelare” ci scuote, ci spinge a guardare oltre, a far emergere ciò che la storia ha spesso nascosto o ignorato.

 

Perché Iulia ci riguarda?

Perché ci ricorda che i luoghi hanno una memoria. E che questa memoria può essere perduta, o negata, o deportata. Come accadde alla lapide, finita nei magazzini del Louvre nel 1825 e dimenticata per 200 anni. Ma ogni tanto – se abbiamo occhi per vedere e coraggio per riconoscere – la storia torna. Chiede ascolto. Chiede rispetto. Chiede che la verità, finalmente, venga rivelata.

Revelare, appunto…

 

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