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Cultura

Paternò, due anni senza Nino Tomasello, memoria di “una intera città”

Un tragico incidente lo ha strappato prematuramente alla vita: dopo una settimana di agonia il 14 luglio del 2022 il “Professore” cessava di vivere

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Due anni senza Nino Tomasello,  un vero e proprio conoscitore della storia cittadina e non solo, autore anche di diversi libri tra cui uno sui cantastorie e altri sulla storia della città di Paternò.  Un tragico incidente lo ha strappato prematuramente alla vita: dopo una settimana di agonia il 14 luglio del 2022 ha cessato di vivere. A dire chi fosse Nino Tomasello e che cosa quest’ultimo abbia rappresentato per la città è Alfio Cartalemi, un’altra memoria storica della città. Il figlio Stefano con Nino Sinatra dell’associazione di quartiere Ardizzone lo scorso 14 luglio hanno voluto ricordarlo a margine della messa presso la chiesa Sacro Cuore. È bastato fare un giro sui social per leggere di tutto su Nino Tomasello. Tra i ricordi più significativi quello della professoressa Angela Pistorio “Il Prof Tomasello che R. I. P…. Ha seminato con onestà… creandosi l’immortalità”. E poi quello della “figlia” che Nino avrebbe voluto Francesca Busacca presidente dell’associazione Busacca. Un progetto che stava nel cuore di Nino e che purtroppo non ha potuto portare a compimento.

“L’associazione culturale Cantastorie Busacca nasce nel 2016 per volontà di Nino Tomasello ideatore e Francesca Busacca allieva del maestro. Nel 2014 nata la realtà di casa-museo del cantastorie, il maestro vide il pericolo che stava sorgendo all’interno della città di Paternò, una bellissima realtà che non era identificata come il paese di Paternò; la patria dei Cantastorie meritava, non vi era stato pianificato un affido del luogo a studiosi che potevano supportare la realtà scientificamente, non vi era nessuno lavoro inerente la conservazione della memoria storica dei nostri giullari figli di patria. Inoltre quelli che si definivano i cultori (sciacalli della cultura popolare siciliana) vennero a casa nostra a derubarci della nostra identità come da oltre 20 hanno fatto con Rosa Balistreri, che a tutt’oggi viene ancora violentata e privata della sua vera identità. Altro elemento aggiuntivo furono i parenti che approfittarono della situazione e i volontari fondatori del luogo che negli anni presero posizioni cercando di scardinare la memoria storica e l’importanza di quel luogo (casa museo). Nino Tomasello aveva intuito quello che nemmeno l’onorevole Lombardo capì 10 anni fa. Fu da questa esigenza territoriale che nasce l’associazione Busacca con riferimento al re dei Cantastorie volta alla ricerca, alla conservazione, salvaguardia e diffusione dei cantastorie (tutti)  con particolare riguardo a quelli paternesi, lavoro scientifici supportati da istituzioni e fondazioni, ha acquisito materiali dello storico locale il professore Placido Sergi che aveva studiato già negli 70 i Cantastorie di Paternò e conservato un archivio per oltre 40 anni in attesa di destinarlo ad una identità affermata nel territorio che avrebbe dato ” lustro” alla figura dei Cantastorie senza farne un abuso del nome. Questo è stato fino ad oggi l’obiettivo dell’associazione Busacca, nata e fondata da Francesca Busacca e Nino Tomasello che ne fu l’ideatore. Questo era Nino, che la gente sappia a distanza di due anni, e che i saggi non dimenticano attraverso la realtà di dare il proprio contributo”.

Un profilo di Nino Tomasello è quello che l’amico Iano Garifoli tracciò alla notizia della scomparsa prematura dell’amico.

“Tratteggiare la figura di Nino Tomasello, richiamandolo al passato, fa un certo effetto per chi, come me, lo ha conosciuto sin dal periodo dell’adolescenza e frequentato assiduamente sino alla sua scomparsa: un rapporto antico, ininterrotto, che certamente mi ha influenzato nella rappresentazione del suo profilo. Pier Paolo Pasolini asseriva che la morte offre il senso “definitivo” e compiuto dell’esistenza del soggetto umano, una valutazione che lo scrittore romano accostava ad una metafora, quella del montaggio della pellicola di un film che, alla fine dell’assemblaggio dei vari fotogrammi, rilascia tutti i passaggi salienti ed il filo conduttore per narrare l’intera storia dello stesso film.

Per Nino Tomasello, il denominatore comune della sua esistenza, dal punto di vista della sua attività pubblica, va trovato nella vitalità culturale che lo connotava e nel desiderio di narrare, attraverso i luoghi, la memoria del nostro territorio, per affermarne la identità ed esaltarne il “genius loci”, per preservarli da uno stato di indifferenza che poteva indurre la comunità verso una condizione di marginalità. A tutti gli interlocutori rappresentava come la cultura fosse il racconto di storie e di esperienze che ci sono di esempio, di guida, di riferimento nella vita di comunità: ai tanti giovani e, in particolare, ai suoi numerosi alunni di cui fu un eccellente “educatore”, soleva spesso ripetere: «conoscere il futuro di ieri forse può aiutarci a pensare quello di oggi». Di contro, era assai rammaricato della sensazione di incomunicabilità che avvertiva tra le varie generazioni che, non dialogando tra loro, impedivano di tramandare idee, valori, tradizioni, programmi, esperienze. Per tutto questo, Nino va ricordato come un viaggiatore che andava sempre alla ricerca di nuovi luoghi e della memoria che essi esprimevano perché, come diceva Seneca, i luoghi hanno memoria. Riavvolgendo i “fotogrammi” della pellicola che narrano la storia di Nino, si può individuare il campo di azione in cui è stato sempre impegnato fattivamente: la scuola, la politica, il sindacato, la ricerca storica, i temi sociali sui quali, spesso, si soffermava ad argomentare con i tanti interlocutori, con ragionamenti articolati e modi affabili che connotavano un’indole sottesa da una irrequietezza intellettuale sempre alla ricerca di novità. Sin da giovane sposa le idee della D.C. e, nel 1963, unitamente ad altri coetanei, come me, è già impegnato a sostenere il partito durante la campagna elettorale che sancisce la elezione di Nino Lombardo all’Assemblea Regionale e di Barbaro Lo Giudice al Senato della Repubblica. La fine degli anni 60 è anche ricordata per le calamità naturali che provocarono il terremoto nella valle del Belice e l’alluvione di Firenze, a cui Nino non rimase indifferente, recandosi sui luoghi per offrire il suo aiuto da volontario.

La rivoluzione giovanile di quel tempo apporta profondi cambiamenti ai costumi e alle tendenze della società italiana, cambiamenti che la D.C., secondo Nino, sottovalutava. Anche per questa motivazione, nel 1970, in occasione delle elezioni amministrative di Paternò, trova innovativa e più avanzata nei tempi la proposta amministrativa della lista civica “Rinascita di Paternò”, un’aggregazione in cui erano confluiti i partiti della sinistra, senza simboli, aperta ai rappresentanti della società civile, assimilabile nelle intenzioni all’Ulivo di Prodi, benché riferita ad una realtà territoriale cittadina, a cui egli aderisce risultando eletto consigliere comunale. La Democrazia Cristiana, nella stessa competizione, raggiunge la maggioranza assoluta e chiama, per la prima volta, Turi Sinatra a svolgere le funzioni di Sindaco di Paternò. Nino Tomasello, nel corso della stessa legislatura, ritorna poi nell’alveo della D.C. con l’assunzione di numerosi ruoli di partito (responsabile ufficio SPES) e di amministrazione (delegato Canonico Renna), e come commissario dell’Ente di beneficenza e di assistenza “Verginelle” (poi confluito nella Casa di Ospitalità “S. Bellia”). Nel partito è molto riduttivo: pubblica numeri speciali legati alla vita interna e promuove la prima rete televisiva locale “Paternò Nuova”. Organizza, inoltre, la protesta degli studenti di Paternò per bloccare i lavori abusivi intrapresi dai privati nel terreno destinato alla successiva costruzione dell’istituto scolastico che avrebbe ospitato l’Istituto Magistrale, come ricorda Nino Lombardo nel suo libro del 2009 “Dai Normanni ai Democristiani”. Nino propone l’istituzione del “Premio Bontà Giovanni XXIII”, destinato agli alunni delle scuole di Paternò che si erano distinti per generosità e altruismo e che, nelle diverse edizioni, ha visto intervenire personalità di spicco della politica, come l’on. Piersanti Mattarella, il compianto presidente della Regione Siciliana ucciso dalla mafia, e del mondo ecclesiale, come il Cardinale Carpino, Segretario di Stato, a cui è stata attribuita la cittadinanza onoraria di Paternò. Da delegato del Sindaco del quartiere “Canonico Renna”, promuove una petizione inviata al munifico benefattore Michelangelo Virgillito, al quale vennero fatte recapitare oltre 300 telegrammi inviati dagli abitanti dello stesso quartiere per intercedere sull’annosa carenza d’acqua nelle abitazioni, a cui lo stesso benefattore pose fine con l’acquisto del pozzo “Raffo”. Nino Tomasello segnalò, in maniera tempestiva e provvidenziale, l’impugnativa promossa dai nipoti del benefattore, del testamento di Michelangelo Virgillito a favore dei poveri di Paternò, di cui ricordo l’episodio: era in corso una riunione nella sede municipale che, come di consueto, si svolgeva congiuntamente tra i componenti della giunta e quelli della direzione D.C., di cui facevo parte quando, da Milano, giunse una sua telefonata, con tono allarmato, con cui comunicava all’allora sindaco la notizia che, presso il Tribunale di Milano, era in corso un procedimento per impugnare il testamento di Virgillito a favore degli indigenti di Paternò, instaurato dai nipoti, senza il coinvolgimento in giudizio del Comune di Paternò che, pertanto, immediatamente si adoperò per la costituzione in giudizio. Come è noto, successivamente, la questione venne composta mediante un accordo che prevede la partecipazione, in quota parte, degli stessi nell’attuale fondazione.

La produzione letteraria di Nino Tomasello è stata molteplice, considerato che ha scritto diversi testi per gli alunni delle scuole, come Mastro Giuseppe, una novella educativa e di contrasto al fenomeno mafioso e, lo ricordo per avermene fatto dono, la realizzazione di un libretto indirizzato agli studenti delle scuole elementari, con il quale gli stessi venivano coinvolti e resi protagonisti in quanto invitati ad intervistare i propri nonni al fine di conservare per iscritto le loro memorie e tradizioni familiari. Ha indirizzato la sua attività narrativa per evidenziare il vasto patrimonio culturale espresso dal nostro territorio, raccontandone le peculiarità per fare emergere l’importanza del loro valore, quello che aveva consentito a Paternò, nel tempo, di essere punto di riferimento del comprensorio. Le sue ricerche e narrazioni erano volte a sollecitare il recupero e la valorizzazione delle sue numerose risorse al fine di renderle usufruibili, anche per accrescere le occasioni di ordine economico ed occupazionale del nostro paese. Mi sovvengono alla mente le sue molteplici attività per la difesa dell’area fluviale del Simeto, realizzate anche attraverso le pagine di questo giornale, specie contro la realizzazione del termovalorizzatore, per la salvaguardia dei luoghi e dell’ambiente di quel sito; l’appello per restituire alla nostra comunità i reperti archeologici di Paternò, come quelli che si trovano nei musei di Siracusa e Berlino; le iniziative per recuperare le opere d’arte che hanno bisogno di essere restaurate, come la tela della Madonna del Carmelo, attribuita a Sofonisba (così come recentemente scoperto dal critico d’arte dott. Alfredo Nicotra), ed il quadro della Madonna Ammucciata, giacente in un santuario di Messina; la sinergia con padre Di Giovanni per restituire la Chiesa di S. Maria dell’Alto alla comunità civica e religiosa, per precostituire il recupero dell’intera collina e dei beni storici e monumentali ivi insistenti; il racconto dell’opera dei pupi e dei cantastorie, in ordine ai quali ha pure pubblicato la biografia di Ciccio Busacca, di cui stava attualmente curando una iniziativa culturale con il comune di Taormina; la divulgazione di un’altra ricchezza del territorio di Paternò, l’acqua, da sempre una risorsa per le sue attività agricole ed economiche anche attraverso l’uso dei mulini, che ha elevato le condizioni di sviluppo della nostra comunità, come ha sempre sottolineato lo storico prof. Uccio Barone, con cui Nino era in stretto legame; ancora, la corrispondenza con la prof.ssa Rosanna Zaffuto Rovello di Caltanissetta, con la quale si confrontava per esaltare il ruolo di Paternò nella storia della Contea dei Moncada; la pubblicazione di libri sulla nostra storia locale, cito “Paternò: cronache cittadine”, con l’intento di raccontare le pregresse vicende economiche e sociali di Paternò ed in cui ha voluto evidenziare le qualità della nostra comunità, ricordando lo spirito di accoglienza e di solidarietà con cui le famiglie paternesi accolsero ed ospitarono molti sfollati del Triveneto, costretti a lasciare la propria terra per l’imperversare della prima guerra mondiale, attraverso la mobilitazione dei comitati di volontariato che si occuparono del reperimento degli alloggi, della raccolta degli indumenti, della ricerca di lavoro, al fine di consentire loro di superare lo smarrimento e la disperazione conseguenti alla guerra del 1915- 1918.

Un percorso storico che avrebbe voluto continuare a narrare, ma che purtroppo non gli è stato consentito fare. I tanti tasselli del mosaico che Nino Tomasello ha cercato di comporre lo rendono un cultore della nostra storia, che ha trascorso la sua vita con lo spirito di recuperare e rafforzare il senso identitario della nostra comunità, in modo da trasferirlo alle successive generazioni, perché, sosteneva, solo partendo dal nostro passato, dalle nostre tradizioni, dalla nostra storia, si può stabilire quale percorso intraprendere ed in quale direzione. Durante la sua vita, con le sue azioni, con i suoi scritti, anche grazie alle chiacchierate che era solito fare con gli amici ed i conoscenti che incontrava durante la sua giornata, Nino ha certamente lanciato alla nostra collettività un messaggio importante ed al tempo stesso pacato, come era nella sua natura, a cui la comunità stessa ha riposto con la spontanea e poderosa mobilitazione che si sta registrando a seguito della notizia del suo fatale incidente. Adesso, posso immaginare che Nino si stia chiedendo chi, dopo di lui, potrà portare avanti il suo percorso di ricerca, di dedizione, di valorizzazione del nostro paese. Il mio augurio è che la sua grande eredità spirituale possa essere recepita da tutta la comunità paternese, alla quale ha dedicato gran parte della sua vita. Ciao Nino”.

In attesa che l’amministrazione dedichi una via o luogo pubblico, ad oggi l’unica dedica di rilievo a Nino Tomasello è il libro “Michelangelo Virgillito e il suo amore per Paternò” scritto da Alfio Cartalemi edito associazione Gazzetta Rossazzurra.

 

Cultura

Ragalna, “La famiglia Chiara: Artisti per Vocazione”, il libro di Alfio Cartalemi

Torna con un nuovo lavoro dedicato al maestro di violino Rosario Chiara, in una lunga e appassionata intervista che diventa testimonianza di memoria viva

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A Ragalna nel 40° anniversario dell’Autonomia e con il Patrocinio del comune, si terrà  domani pomeriggio alle ore 19:15, presso il Palmento Arena, la presentazione del libro “La famiglia Chiara:  Artisti per Vocazione”, a cura del giornalista Alfio Cartalemi.

Dopo il volume destinato a Michelangelo Virgillito, pubblicato lo scorso anno, Cartalemi torna con un nuovo lavoro dedicato al maestro di violino Rosario Chiara, in una lunga e appassionata intervista che diventa testimonianza di memoria viva.

ALFIO CARTALEMI, L’AUTORE DEL LIBRO

Il giornalista, da anni impegnato nel recupero della memoria storica e culturale del territorio etneo, ci offre stavolta un ritratto autentico di una famiglia di musicisti, attraverso il racconto lucido e appassionato di Rosario Chiara, oggi ultranovantenne, ma ancora attivo e partecipe. Il maestro racconta la storia sua, del padre, del fratello e del loro profondo legame con la musica e con istituzioni prestigiose come il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania e il Liceo Musicale, oggi Conservatorio.

Serata presentata dalla giornalista Mary Sottile. Interverranno alla presentazione del libro Giuseppe Pappalardo, poeta scrittore, che ha curato la prefazione del volume; Norma Viscusi, poetessa e musicologa, amica del maestro Chiara; Giuseppe Montemagno, dottore di ricerca in Studi sul patrimonio culturale, docente di discipline storico-musicali e teatrali presso il Conservatorio “V. Bellini” di Catania, che relazionerà sul valore dell’opera.

La serata si concluderà con un momento musicale di grande suggestione: i violinisti Antonio Magrì e Angelo Di Guardo, ex alunni del maestro Chiara e oggi celebri artisti come “Violinisti in jeans”, ambasciatori della Sicilia nel mondo, renderanno omaggio al loro maestro con un’esibizione dal vivo. Un’occasione speciale per riscoprire la memoria collettiva attraverso l’arte e la musica, immersi nella bellezza e nella frescura di Ragalna.

 

 

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Cultura

Catania, Iulia torna a casa: la lapide che scuote la storia dell’Etna

Un’antica epigrafe cristiana riscrive la memoria di Catania e Hybla

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A Catania il ritorno di un’antichissima epigrafe cristiana. Ma dietro la tenerezza della bambina di Hybla si cela un messaggio potente: il passato non è muto. Bisogna saperlo ascoltare.

Il 17 luglio 2025, alle ore 18:00, il Museo Diocesano di Catania apre le sue porte a un evento che non è solo culturale, ma anche simbolico. Arriva finalmente a casa, dopo due secoli d’esilio a Parigi, la lapide di Iulia Florentina, una bambina morta a soli diciotto mesi e sepolta “davanti alle porte dei martiri”. È il cuore pulsante della mostra “Revelare. AGATA | rivive | IVLIA”, che sarà visitabile fino al 6 marzo 2026.

Ma dietro quel marmo freddo e silenzioso si nasconde una storia potentissima. Perché Iulia non era di Catania. Era nata a Hybla, un nome antico che riecheggia nelle fonti classiche e che oggi possiamo riconoscere con sicurezza in Paternò, sul versante sud-ovest dell’Etna.

E qui comincia il terremoto storiografico.

 

Un’epigrafe cristiana che riaccende la memoria di una città pagana

L’iscrizione di Iulia è, a oggi, la più antica testimonianza cristiana certa dell’area catanese. Fu scoperta nel 1730 a Catania, in una campagna appartenente a Ignazio Rizzari. Eppure, è molto di più di un reperto funebre: è un documento che fa luce su una fase poco conosciuta della Sicilia tardoantica, quando il cristianesimo stava conquistando gli spazi pubblici, le necropoli, i nomi, gli animi.

Iulia nata a Hybla”: cinque parole incise che sfondano il muro del tempo. Perché Hybla – o meglio Hybla Major – è l’antico nome di Paternò. Una città che oggi vive troppo spesso dimenticata nel presente, ma che ha radici millenarie, forti, profonde. Tuttavia, attenzione: non confondiamo la cristianità della lapide con le origini di Hybla.

La città in cui nacque Iulia era antichissima, e pagana. Qui, in tempi remoti, si venerava Venere. Il culto della dea — tra i più diffusi nel Mediterraneo precristiano — è testimoniato da reperti votivi e statuette, oggi conservati in musei siciliani e internazionali. Hybla fu luogo sacro ben prima che i Vangeli vi mettessero radici. La lapide di Iulia non cancella questa storia: la completa.

 

La bambina, i martiri e l’Etna: quando la pietra parla

La frase incisa sulla lapide – “davanti alle porte dei martiri” – è un capolavoro di sintesi teologica e topografica. Significa che a Catania, nel IV-V secolo, esistevano già luoghi di culto legati ai martiri, come Sant’Agata e Sant’Euplio. Non c’è nulla di retorico qui: questa è una prova concreta. Uno squarcio reale sulla vita religiosa dell’Etna in epoca tardoimperiale.

La piccola Iulia fu sepolta accanto a chi aveva dato la vita per la fede. Questo ci dice che la sua famiglia era cristiana, probabilmente convertita da poco. E che la fede, in quel tempo di confini mobili tra paganesimo e cristianesimo, non era ancora una tradizione, ma una scelta. Spesso una sfida.

 

Il ritorno: un segnale per il presente

Il ritorno della lapide è stato reso possibile grazie all’impegno congiunto dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, vicario episcopale per la Cultura. Al loro fianco, l’Archeoclub d’Italia – sede di Ibla Major, e i Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, da anni protagonisti nella riscoperta del patrimonio identitario etneo.

La mostra “Revelare” nasce proprio da questo sforzo collettivo ed è molto più di una semplice esposizione: è una sfida alla narrazione ufficiale. Perché la storia non è mai lineare, ma fatta di fratture, crolli e rinascite. “Revelare” ci scuote, ci spinge a guardare oltre, a far emergere ciò che la storia ha spesso nascosto o ignorato.

 

Perché Iulia ci riguarda?

Perché ci ricorda che i luoghi hanno una memoria. E che questa memoria può essere perduta, o negata, o deportata. Come accadde alla lapide, finita nei magazzini del Louvre nel 1825 e dimenticata per 200 anni. Ma ogni tanto – se abbiamo occhi per vedere e coraggio per riconoscere – la storia torna. Chiede ascolto. Chiede rispetto. Chiede che la verità, finalmente, venga rivelata.

Revelare, appunto…

 

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