Connect with us

Cultura

Paternò, XIII Edizione del Premio S. Caterina

Arte, cultura e rinascita

Pubblicato

il

A Paternò, il 25 novembre si è rinnovato un appuntamento che unisce tradizione, cultura e riflessione: il Premio Santa Caterina d’Alessandria. Istituito dall’associazione Città Viva, nella sua tredicesima edizione, coincide ogni anno con la Giornata contro la violenza di genere.

Nel cuore della Paternò antica, la storica chiesa di Santa Caterina ha accolto l’evento, risplendendo di nuova luce. Un tempo destinata al declino, questa gemma architettonica è stata restaurata con amore e dedizione dai confrati e dal governatore Gaetano Campisano, trasformandosi in un santuario di arte e conoscenza. Quest’anno, il prestigioso traguardo del 450° anniversario della confraternita è stato segnato da un momento simbolico: l’accensione del nuovo e maestoso lampadario centrale, un gesto che ha illuminato non solo lo spazio fisico, ma anche lo spirito della comunità.

La serata, sapientemente condotta da Grazia Scavo, è stata un viaggio tra emozioni e sorprese. Il tema, “I percorsi dell’Arte”, affrontato dallo storico Alfio Nicotra, ha offerto una riflessione profonda sulla figura dell’artista donna, troppo spesso vittima di pregiudizi e ostacoli in un mondo dominato dagli uomini. L’intervento ha trovato un’eco potente nelle opere di Carmen Arena, i cui colori vibranti e le rappresentazioni dinamiche del mare hanno evocato sentimenti di forza e libertà.

A toccare il cuore del pubblico è stato anche il giovane talento siciliano Alfio Russo. Appena rientrato dal Festival in Danimarca, dopo il successo a Tu Sì Que Vales, Russo ha incantato i presenti con la magia del suo sax, eseguendo “Grande Amore” in un crescendo di emozioni che ha culminato in una standing ovation. La sua musica ha portato un messaggio di pace e speranza, lasciando il pubblico senza fiato.

Il momento più atteso della serata è stato la consegna del Premio Santa Caterina d’Alessandria alla sovrintendente Rosalba Panvini, figura di straordinario spessore professionale e umano. Con oltre trent’anni di carriera nell’amministrazione regionale e alla guida di importanti soprintendenze siciliane, Panvini è stata premiata non solo per le sue competenze, ma anche per la sua innata umanità e bellezza interiore. Durante il discorso, ha dedicato il premio alle sue figlie, commuovendo profondamente i presenti. L’opera d’arte consegnatale, creata dal maestro Barbaro Messina, è stata il simbolo di questo meritato riconoscimento.

Un ulteriore momento di grande intensità è stato il premio alla memoria dedicato a Nino Tomasello, figura indimenticabile per la comunità paternese. Descritto come “maestro e padre della banca della memoria”, Tomasello ha vissuto con curiosità e passione, costruendo un ponte tra passato e futuro per preservare l’identità culturale della città. A ricevere il premio è stato il figlio Stefano, circondato da amici e collaboratori che hanno ricordato l’eredità spirituale e culturale lasciata da questo straordinario uomo.

Il Premio Santa Caterina d’Alessandria non è solo un evento, ma un faro che illumina il valore della memoria, dell’arte e della comunità, ispirando Paternò a guardare al futuro con speranza e orgoglio.

Cultura

Palermo, presidente Ars Galvagno presenta mostra “Celebrating Picasso, capolavori del Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster”

La mostra sarà aperta dal 12 al 4 maggio

Pubblicato

il

È stata presentata questa mattina a Palazzo Reale di Palermo “Celebrating Picasso. Capolavori dal Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster”, mostra dedicata a uno dei massimi artisti del XX secolo e tra i più grandi di tutti i tempi, ovvero Pablo Picasso. L’esposizione è organizzata dalla Fondazione Federico II, presieduta da Gaetano Galvagno, grazie principalmente alla collaborazione con il Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster. Prestiti preziosi giungono anche dal Museo Picasso di Antibes, dal Mart (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto), dalla Galleria La Nuova Pesa di Roma, oltre ai prestiti di collezioni private. Sarà aperta al pubblico da domani, 12 dicembre, fino al 4 maggio 2025.
La mostra racconta attraverso 84 opere il binomio imprescindibile tra le opere di Picasso e la sua biografia.
Grazie all’impegno della Fondazione Federico II e alle crescenti relazioni internazionali, giunge, pertanto, in Sicilia un importante e variegato corpus di opere in grado di raccontare sia l’artista che l’uomo: dipinti, litografie, linoleografie, acquetinte, acqueforti, ceramiche, puntesecche, opere straordinarie nelle tematiche più vicine al maestro. Di grande interesse, inoltre, una serie di fotografie rappresentative della sua vita intima e lavorativa, realizzate da David Douglas Duncan, il principale fotografo del Maestro, che nel 1956, concesse a quest’ultimo l’accesso totale al suo studio e ai suoi spazi abitativi.
“Mi sveglio neoclassico e mi addormento neocubista”, affermava Picasso, ribadendo la sua devozione verso una continua ricerca di forme sempre nuove, la sua completa libertà nella scelta degli stili, la sua sorprendente maestria nell’uso di materiali inediti. L’esposizione presenta proprio i molteplici volti e sfaccettature dello spagnolo con prestiti che illuminano la complessità dell’artista multitalento, icona del genio artistico già durante la sua vita. Da un’opera all’altra emerge un mosaico che presenta Picasso, artista e uomo, in tutta la sua mutevolezza, ma anche con tutte le sue contraddizioni. A proposito della profonda impronta autobiografica della sua arte, lui stesso disse: “L’opera che si dipinge è una sorta di diario da tenere”. Nel caso dello spagnolo, uomo e opera sono inseparabili.

Il progetto si colloca sulla scia del cinquantesimo anniversario dalla morte del Maestro avvenuta l’8 aprile 1973 a Mougins, un tributo al “cannibale”, come soleva talvolta chiamarsi. Non a caso, la sua musa e compagna di vita Françoise Gilot, una volta affermò che Picasso creava le sue opere con il sangue dei suoi simili.

“Con questa mostra – ha detto il presidente della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno, – la Fondazione fa un altro passo avanti nell’ambizioso obiettivo di porre Palazzo Reale in rete con le più prestigiose istituzioni artistiche pubbliche e private, spingendo sullo sviluppo di relazioni internazionali che consentano scambi di conoscenza, partenariati, arricchimenti reciproci, coproduzioni di qualità. La mostra non vuole essere un semplice omaggio al Maestro, cerca piuttosto di fornire impulsi che consentano un approccio critico e contemporaneo all’artista che è stato elevato all’Olimpo del genio”.
La mostra offre ai fruitori anche tre video. Uno di questi è un messaggio, proiettato anche oggi in conferenza stampa, di Olivier Widmaier Picasso, Presidente del Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster, nonché figlio di Maya Picasso e nipote del Maestro: “Sono a Miami per motivi professionali. Mi dispiace non essere con voi a Palermo per celebrare Pablo Picasso e la mostra a Palazzo Reale – dice nel videomessaggio Olivier Widmaier Picasso -. Desidero ringraziare il Presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno. È stato in grado realizzare questo progetto con una visione chiara e ambiziosa. Questa mostra in omaggio a Pablo Picasso ha l’obiettivo di offrire al grande pubblico palermitano e anche ai visitatori di tutto il mondo una presentazione inesauribile del talento di mio nonno. Non si tratta di un approccio generalista, in cui il visitatore rischia di perdersi ma di un sottile equilibrio delle opere presentate. Picasso osservava la cultura italiana, che alimentò il suo periodo neorealista dopo il cubismo e prima del suo stesso surrealismo. Palermo è quindi una tappa per ricordarlo. Verrò presto a trovarvi a Palazzo Reale per parlare direttamente di Pablo Picasso, Il più grande artista della modernità e anche un po’ il nonno di tutti noi”

In mostra, inoltre, una video-intervista a Markus Müller, Direttore del Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster e curatore della mostra, oggi intervenuto in diretta streaming. “Nell’arte del XX secolo, – afferma Markus Müller – Picasso è considerato un grande rivoluzionario e distruttore di tradizioni. Di norma, però, le sue opere non nascono dal nulla, ma sono esplorazioni creative di temi e motivi familiari della storia dell’arte. In realtà il grande Picasso era il maestro del riciclo creativo. Picasso descrisse così al suo gallerista Kahnweiler l’arte di ricavare qualcosa di nuovo da qualcosa di vecchio: ‘fondamentalmente, ci sono pochissimi temi pittorici. Tutto il mondo li ripete. Venere e Cupido diventano la Vergine e il Bambino e poi la Madre e il Bambino, ma rimane sempre lo stesso tema’”.
Il terzo video presente in mostra è un video-documento storico di grande impatto con scene originali di Picasso a lavoro, gentilmente concesse dalla Mediateca di Bologna.
In presenza è intervenuto, inoltre, Jean Louis Andral, Direttore del Museo Picasso di Antibes. Ha partecipato anche Pierluigi Carofano, Docente dell’Università di Siena.

“Dentro” la mostra.

La mostra, come detto, è un continuo rimbalzo tra la vita di Picasso e le sue opere. Come dimostrano le varie tematiche offerte al visitatore.

Le Muse. Il già citato legame tra opere e biografia risulta evidente a partire dal rapporto di Picasso con la figura femminile: le sue amanti, le sue mogli e le sue muse costituiscono una sintesi tra eros e creatività, costituendo una simbiosi nelle sue opere. Ad ogni nuova fase creativa, ad ogni nuovo stile, una donna sembra entrare nella sua vita. Nell’inverno 1945/46, la passione di Picasso si accese non solo per la sua musa, Françoise Gilot, ma anche per la tecnica grafica della litografia, alla quale in precedenza si era dedicato solo sporadicamente. In questo contesto, il suo stampatore parigino Fernand Mourlot parlò di “febbre litografica” di Picasso. In mostra diversi capolavori che testimoniano l’impulso creativo, tra questi i ritratti di Françoise.

“Pescatore seduto con berretto” e lo “Stile Picasso”. Il nuovo amore con Françoise Gilot spronò Picasso, così come il generale spirito di ottimismo del dopoguerra. Il suo nuovo inizio personale coincise con un nuovo inizio sociale. L’immersione in una forma di spensieratezza mediterranea caratterizzò il soggiorno di alcuni mesi di Picasso ad Antibes/Juan-les-Pins dove diede vita ad un brillante impulso creativo. La città portuale di Antipolis, che risale all’antichità, ispirò lo spagnolo a rileggere la mitologia antica e il suo repertorio di figure. Qui lo spagnolo creò a ritmo serrato una moltitudine di capolavori accattivanti. In questo contesto creativo, il 3 novembre 1946 Picasso dipinse “Pescatore seduto con berretto”, opera presente a Palazzo Reale di Palermo, utilizzando la vernice per barca e un pannello di compensato. La rappresentazione di questo marinaio con la sua caratteristica camicia a righe e il berretto appare comune, rimandando ad un personaggio che si poteva incontrare nei bistrot intorno al vecchio porto di Antibes, ma nonostante questo, la figura rappresentata non assume un aspetto realistico. Come in una bambola articolata, le estremità sono costruite come singole componenti articolari della figura e separate l’una dall’altra da linee di contorno nere. I numerosi pentimenti nella zona della testa della figura sono riconoscibili a occhio nudo. L’artista raffigura gli occhi, la bocca e il naso in forma abbreviata e modella l’orecchio come un 8 stilizzato. La combinazione di vedute multiple cubiste e metamorfosi surrealiste della forma che si ritrova in queste e in altre opere simili caratterizza in generale l’opera di Picasso della fine degli anni Trenta ed è stata definita “stile Picasso”.

Nel catalogo (208 pagine edite dalla Fondazione Federico II) c’è anche un’immagine che “cattura” il dietro le quinte di una fase del processo creativo: una fotografia di Michel Sima, che ritrae Picasso mentre dipinge Pescatore seduto con berretto allo Château Grimaldi, rivela una fase del processo di lavoro. La foto mostra che la testa era stata originariamente concepita come un dialogo tra una metà scura e una chiara del volto in forme biomorfe. Tuttavia, Picasso dipinse sopra la metà sinistra della testa e modificò il collo e la bocca. Il risultato finale è più angolare e lineare della versione originale. La trasformazione di questo dipinto è abbastanza sintomatica del metodo di lavoro dello spagnolo, che generalmente riduce, comprime e purifica le sue composizioni durante la creazione delle sue opere.

Paloma. Il mito di Picasso è anche legato alla Colomba (tema presente nelle opere in mostra), che rappresentò un’importante svolta in termini di arte accessibile alla classe operaia. Nella primavera del 1949 il suo amico e scrittore Louis Aragon era alla ricerca di un manifesto adatto al Congresso degli intellettuali per la pace che si sarebbe tenuto a Parigi. Nello studio dello spagnolo venne scelta la suggestiva raffigurazione di un piccione milanese, il cui piumaggio, mosso dal vento, è efficacemente disposto su uno sfondo nero monocromo. La scelta di Aragon sembrerebbe essere stata dettata dalla tradizione biblica di raffigurare la colomba come simbolo di pace. La litografia, realizzata il 9 gennaio 1949, fu affissa a Parigi nell’aprile dello stesso anno e da lì iniziò la sua internazionale marcia trionfale come simbolo, riconosciuto a livello globale, di pace, secondo l’iconografia creata da Picasso. In seguito al successo della sua prima Colomba della pace, Picasso non smise di creare altre colombe, in varianti e con accorgimenti sempre differenti, per altri congressi ed eventi. Nella primavera del 1949, dopo innumerevoli successi conseguiti con l’iconografia della colomba della pace, Françoise Gilot, compagna di Picasso, dopo il figlio Claude nato nel 1947 diede all’artista una seconda figlia che venne chiamata Paloma (in spagnolo “colomba”).

I ritratti dei bambini. Picasso immortalò i due bambini dalle guance paffute, Claude e Paloma, in una litografia in bianco e nero, esposta a Palazzo Reale: Paloma in un disegno a linee nere su sfondo bianco, mentre nel caso di Claude invertì questo contrasto. I ritratti dei bambini sono composti da strati di linee che sembrano essere state applicate con le dita. Lo spagnolo scelse quindi una tecnica pittorica infantile per la rappresentazione dei propri figli. Particolarmente suggestivo è il ritratto della figlia Paloma con bambola. Sullo sfondo scuro, le singole parti chiare del viso della figlia, allora tre anni, sono articolate in modo efficace. Picasso gratta via dallo sfondo fasci di linee e aree dell’immagine. Paloma presenta con orgoglio e goffaggine la sua bambola, che sembra il suo alter ego in miniatura. È un’impresa difficile motivare una bambina piccola a sedersi come una modella e a stare ferma. Secondo i testimoni contemporanei, Picasso usava il trucco di far credere ai bambini che non voleva ritrarre loro, ma i loro peluche o le loro bambole. Questo spiega anche l’atteggiamento ostensivo della piccola Paloma.

Corrida. Un altro tema importante della vita e nell’immaginario di Picasso, che amici e testimoni contemporanei non si sono mai stancati di sottolineare, è quello della corrida. Così scrive Hélène Parmelin nella sua opera Picasso dice: «I tori sono nella sua anima più profonda. I toreri sono i suoi cugini. L’arena è la sua casa». Per lui la corrida era una metafora esistenziale della propria arte. Paragonava il suo lavoro di pittore alla scena della corrida: «Immaginate per un momento di essere al centro dell’arena. Avete il vostro cavalletto e la vostra tela, è bianca e deve essere dipinta e tutti vi guardano. […] Il minimo errore e siete morti. E non c’è nemmeno bisogno di un toro per farlo».
Questo tema emerge in mostra attraverso alcune acquetinte e linoleografie di Picasso, tecnica quest’ultima che l’artista esplora a partire dal 1954. Un esempio è “Piccola testa di donna incoronata con i fiori”, opera in mostra e scelta come immagine portante dell’esposizione. La progettazione e la stampa di linoleografie multicolori si basano su processi complessi: da un lato, è possibile utilizzare una lastra di stampa per ogni colore e poi stamparli insieme in un processo additivo. Un metodo alternativo è la cosiddetta tecnica di eliminazione in cui i singoli colori vengono stampati in successione da un unico supporto di stampa in un processo sottrattivo, lavorando progressivamente dal tono di colore più chiaro a quello più scuro. Nell’estate del 1959, Picasso abbandonò il processo di stampa additivo, inizialmente preferito, a favore della tecnica di eliminazione.

Processo creativo. Un altro aspetto del suo lavoro sono le numerose ceramiche create dopo la Seconda guerra mondiale a Vallauris, nel sud della Francia. All’inizio dipinse solo stampi per vasi prefabbricati, poi cominciò a creare proprie produzioni personalizzate. La scelta della natura morta, basata su decorazioni con pesci, divenne sempre più costante quando si trasferì da Parigi alla Costa Azzurra. L’esperto Georges Ramié, nel cui laboratorio l’artista lavorava, espresse il seguente giudizio sul modo di operare poco ortodosso dello spagnolo: «I metodi di lavoro di Picasso sono indefinibili». Di norma, Picasso non iniziava il suo lavoro con un’idea pittorica definita, ma la sviluppava nel corso del processo creativo, un modo di lavorare che la storia dell’arte descrive come pensiero pittorico processuale.
Paesaggio di Vallauris. Il 14 aprile 1958 Picasso realizzò uno dei suoi rari dipinti di paesaggi (in mostra: Paesaggio di Vallauris, 1958, olio su tela, collezione privata), che raffigura la villa nell’entroterra della Costa Azzurra, a Vallauris. Lo spagnolo era molto legato a questo luogo, poiché vi aveva creato le sue ceramiche nell’atelier Madoura a partire dal 1947. Viveva già da ben tre anni nella prestigiosa Villa La Californie, sopra Cannes. Lo spagnolo dipinse questa veduta con la tecnica bagnato su bagnato, utilizzando il fondo chiaro della tela come mezzo creativo, che traspare nell’area dell’edificio e tra le palme lussureggianti. Mentre la struttura e i tetti della casa sono disegnati in un intreccio cubista, Picasso usò forme stilizzate per la vegetazione. Così, le foglie stilizzate nel primo piano del quadro formano una sorta di recinzione che chiude lo spazio pittorico nella parte anteriore. Come si è detto, dal 1955 Picasso risiedeva a Vallauris, pertanto il dipinto del 1958 rappresenta uno sguardo nostalgico all’entroterra della Costa Azzurra e al proprio passato.
Lo zoo di Picasso. La mostra narra, attraverso le sue opere e le fotografie di Duncan, anche la passione di Picasso per gli animali, ne possedeva diversi. Lo zoo privato di Picasso aveva regole diverse per le persone e per gli animali, e le regole per le persone erano più severe. Molti testimoni contemporanei riferiscono che i suoi cani potevano vagare liberamente e senza divieti nelle stanze del suo studio. In genere lo spagnolo negava questo privilegio ai suoi ospiti umani. I cani di Picasso avevano anche la libertà di lasciare l’urina sulle sue sculture di bronzo in giardino. Secondo Picasso, questo conferiva alla superficie del bronzo una patina speciale.

Fotografie. Una vera e propria “mostra nella mostra”: le fotografie di David Douglas Duncan ci restituiscono i diversi volti del Picasso uomo. Parte delle foto realizzate da Duncan ritrae Picasso come un padre premuroso che si dedica ai suoi figli giocando e disegnando. Altre foto lo ritraggono come un uomo affettuoso in compagnia della sua ultima moglie Jacqueline. In altre ancora Picasso viene rappresentato come un amante degli animali, con il suo bassotto Lump seduto sulle sue ginocchia che lecca il suo piatto. Queste fotografie illuminano le numerose sfaccettature della sua personalità, rivelando un artista per certi versi inedito.
In mostra è diffusa in sottofondo musica “vicina” al Maestro: Gymnopédie No. 1, di Alfred Eric Leslie Satie e Asturias di Isaac Manuel Francisco Albéniz

Info orari e biglietteria: federicosecondo.org

Continua a leggere

Cultura

Paternò, “Le fabbriche del divino”, quando l’architettura incontra l’arte sacra

La mostra si terrà all’interno della Torre Normanna fino al prossimo 11 dicembre

Pubblicato

il

“Le fabbriche del divino” è il titolo della mostra di architettura allestita da una “call for project” a cui hanno partecipato gli architetti iscritti all’ordine di Catania. La mostra, è stata allestita nella cappella di San Giovanni, sull’acropoli di Paternò, visitabile fino al prossimo 11 dicembre tutti i giorni (dalle 9 alle 13) e che punta i riflettori sul paesaggio sacro. L’iniziativa, giunta alla sua terza edizione, è inserita nelle festività in onore alla Santa patrona della città ed è organizzata da ordine e fondazione degli architetti di Catania, in collaborazione con il parco archeologico di Catania e delle Aci, con la parrocchia di Santa Barbara di Paternò e con il patrocinio dell’Archeoclub d’Italia, Sezione Ibla major.
«L’evento inserito all’interno delle festività di Santa Barbara protettrice anche degli architetti – ha affermato Veronica Leone, Presidente dell’ordine degli architetti PPC di Catania – unisce e offre l’opportunità per un confronto sull’architettura e l’arte sacra e presenterà ai visitatori le opere progettate e realizzate negli ultimi decenni». «Approfondire il tema del sacro in architettura – ha dichiarato Eleonora Bonanno, presidentessa della fondazione ordine architetti Ppc di Catania – è la volontà alla base di una riflessione che va oltre le appartenenze confessionali: le ricerche, i concorsi, i progetti mai realizzati e quelli che invece sono venuti alla luce costituiscono un tesoro di conoscenza e sensibilità che va esposto, ammirato e condiviso: questa la finalità della mostra “le fabbriche del divino”, glossario di risposte di quegli architetti che si sono interrogati sul rapporto tra l’uomo e il divino».
Per l’occasione, martedì 10 dicembre si svolgerà anche una conferenza sul tema “rapporto tra le bucature nell’architettura e il paesaggio”, all’interno della chiesa di Santa Barbara. Inoltre la rivista Thema, a conclusione della mostra, raccoglierà i numerosi progetti e pubblicherà uno speciale per celebrare l’evento.

Continua a leggere

Trending