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Cronaca

Paternò, inchiesta Athena, sindaco Naso: “Non ho mai richiesto voti e avuto contatti con la criminalità organizzata”

Lo scrive il primo cittadino paternese sulla propria pagina social dopo la decisione del Tribunale del Riesame che dispone gli arresti domiciliari (al momento sospesi fino al pronunciamento della Cassazione) per Naso e per altri 4 indagati

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“Prendo atto della decisione del Tribunale del Riesame che giunge inaspettata perché io so di non avere mai richiesto voti e avuto contatti di qualsivoglia genere con esponenti della criminalità organizzata”. A scriverlo sulla propria pagina social il sindaco di Paternò Nino Naso,  nella tarda serata di ieri, a distanza di quasi 12 ore dal pronunciamento dei giudici del Tribunale del Riesame, presidente Giuliana Sammartino, che hanno accolto il ricorso presentato dalla Procura etnea contro la decisione del gip di rigettare la richiesta degli arresti domiciliari nei confronti del sindaco Nino Naso, dell’ex assessore Salvatore Comis, dell’ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino, nonche di due presunti esponenti del clan Morabito legato alla `famiglia´ Laudani di Catania: Vincenzo Morabito e Natale Benvenga.  Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari per i cinque fino a che la decisione sia definitiva ed è possibile ricorrere in Cassazione.

“Ho dato mandato ai miei difensori di ricorrere per Cassazione e, come ho sempre fatto, da uomo delle istituzioni ripongo fiducia assoluta nei confronti della Magistratura italiana- scrive ancora Naso – Sono sereno e continuo a lavorare per la mia città con cui ho un legame indissolubile, continuerò a servire la mia città con impegno e dedizione. Ringrazio tutti voi per il sostegno, il calore e l’affetto che mi state dimostrando e da cui attingo forza, slancio e energia per continuare a servire la Nostra Paternò. Confido per la mia famiglia più che per il sottoscritto che questa vicenda possa al più presto concludersi e sia definitivamente fugato qualsivoglia sospetto sul mio operato”.

Secondo il Tribunale del riesame “risulta ricostruibile in via induttiva e con la consistenza dei gravi indizi il raggiungimento di un patto illecito fra il sindaco Naso e, tramite il Cirino, la consorteria dei Morabito-Benvenga”. L’accordo, ricostruisce il Tribunale, prevedeva “un sostegno elettorale” in cambio dell’interessamento del Naso per “l’assunzione di congiunti mafiosi locali” e di “destinare a Comis un assessorato di interesse economico”.

L’appello contro la decisione del gip era stato presentato dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti. L’inchiesta Athena si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò e avrebbe fatto emergere gli interessi del clan Morabito sulle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa. Per i 49 indagati (tra cui il sindaco Naso, gli ex assessori Comis e Cirino) la Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio e se ne discuterà il prossimo 3 dicembre dinanzi al GUP Carlo Cannella.  I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e corruzione.

 

Cronaca

Catania, arrestato per violenza sessuale un falso fisioterapista, vittima una 21enne

L’uomo avrebbe instaurato un dialogo con la ragazza, facendole notare che stava assumendo una postura scorretta e le avrebbe allentato la cinta dei pantaloni, sfilato le scarpe e le calze, appoggiando la sua gamba sui propri organi genitali

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Spacciandosi per un fisioterapista avrebbe avvicinato a Catania una turista 21enne italiana e avrebbe abusato di lei prima di fuggire quando la ragazza si è divincolata ed è scappata per chiedere aiuto. E’ quanto la Procura di Catania contesta ad un 58enne al quale gli è stata contestata   l’accusa di violenza sessuale. La donna, una 21enne residente in Corsica, si trovava in Sicilia per trascorrere un periodo di vacanza e, mentre si trovava seduta su una panchina a prendere il sole e a guardare il mare, in pieno giorno, nella centralissima piazza Europa, è stata avvicinata dal 58enne.

L’uomo, con la scusa di un’informazione stradale, avrebbe instaurato un dialogo con la ragazza, spacciandosi per fisioterapista e facendole notare che stava assumendo una postura scorretta. In questo modo, l’uomo avrebbe cercato di carpire la fiducia della ragazza, avvicinandosi per massaggiarle la schiena. Da lì a poco, il sedicente fisioterapista le avrebbe allentato la cinta dei pantaloni, sfilato le scarpe e le calze, appoggiando la sua gamba sinistra sui propri organi genitali.

La ragazza, colta di sorpresa, è rimasta immobile per la paura, ma, superato lo shock ed il disorientamento iniziale, sarebbe riuscita a divincolarsi dalla presa dell’uomo riuscendo a scappare e a chiedere aiuto alla Polizia. A quel punto, l’uomo si sarebbe allontanato alla svelta, riuscendo a dileguarsi prima dell’arrivo della volante.  L’indagato è stato in passato denunciato ed arrestato per una violenza sessuale commessa con lo stesso modus operandi. Gli agenti hanno eseguito nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip.

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Cronaca

Catania, aggredito un operatore sanitario al pronto soccorso, denunciato un 36enne

L’uomo ha aggredito e schiaffeggiato il dipendente ospedaliero e scattato l’allarme a giungere sul posto sono giunti agenti di una volante che hanno riportato la calma

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Fatti di cronaca a cui ormai, purtroppo, siamo abituati. Storie di violenze ai danni di personale sanitario che si stanno espandendo a macchia d’olio in tutto lo stivale, da nord a sud. Ed oggi ci tocca raccontarne un’altra, l’ennesima.

Questa volta ai danni di un operatore sanitario del pronto soccorso dell’ospedale “San Marco” di Catania.  Due uomini, padre e figlio, si sono presentati al nosocomio catanese per chiedere assistenza sanitaria nei confronti della loro congiunta affetta da problemi psichici, ma, già al triage, hanno cominciato a mostrare una certa insofferenza. In particolare, il marito della paziente, un catanese di 60 anni, è andato in escandescenza, colpendo con un pugno la vetrata del box del triage e scaraventando a terra uno dei monitor. Dopo pochi minuti inizia anche il figlio di 36 anni, ad inveire contro il personale sanitario. Passare dalle parole alle mani è stato un attimo: l’uomo infatti ha aggredito e schiaffeggiato un operatore presente sul posto. Scattato l’allarme a giungere sul posto sono stati gli agenti di una volante che, dopo aver riportato la calma, hanno identificato padre e figlio e denunciato quest’ultimo per percosse aggravate nei confronti dell’operatore sanitario nell’esercizio delle sue funzioni. Questi i fatti.

Delle situazioni indicibili e tremende che si vivono nei pronto soccorso d’Italia ci sarebbe da scrivere libri. Episodi di violenza ai danni del personale medico, ma anche – è inutile negarlo – gravi casi di mancanze e inadempienze, lungaggini infinite e ritardi ai danni dei pazienti che non giustificano ovviamente episodi di violenza ma che inevitabilmente offrono sul piatto d’argento la possibilità a soggetti malintenzionati di dar vita ad episodi spiacevoli e gravi come quello appena raccontato. Oseremo dire “un cane che si morde la coda” che sta lasciando strascichi importanti nella sanità pubblica a partire dalle intenzioni palesate o velate del personale medico, ridotto allo stremo e in costante pericolo, di traghettare in massa verso strutture private.

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