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giudiziaria

Roma, Tar del Lazio rigetta ricorso della consigliera Natoli contro sospensione dal CSM

Per il Tribunale Amministrativo Regionale l’appello “è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile per difetto di giurisdizione”

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E’ stato rigettato dal TAR del Lazio il ricorso presentato dalla consigliera laica del Csm in quota Fratelli d’Italia, l’avvocato paternese Rosanna Natoli, la quale si era rivolta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio contro la sospensione deliberata dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura lo scorso settembre. Per il Tar del Lazio il ricorso della consigliera “è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile per difetto di giurisdizione”.

La sospensione era stata votata e approvata dal plenum per la vicenda del luglio scorso. La Natoli è accusata di aver rivelato atti di inchiesta alla magistrata catanese Maria Fascetto Sivillo, condannata dal Tribunale di Messina, che doveva affrontare un provvedimento disciplinare. Ma Sivillo, assistita dall’avvocato Carlo Taormina, aveva registrato l’intera conversazione con Natoli durante un loro incontro. Audio e trascrizione sono stati consegnati poi al presidente della sezione disciplinare Fabio Pinelli.

Secondo la Procura di Roma Natoli dunque, in qualità di componente della commissione disciplinare del Csm, avrebbe rivelato a Fascetto Sivillo notizie d’ufficio che sarebbero dovute rimanere segrete, in particolare “quelle sullo svolgimento della Camera di consiglio dopo la sua audizione”.

Subito dopo che scoppiò il caso Rosanna Natoli si dimise dalla commissione disciplinare del CSM specificando in una nota stampa che “sono consapevole di avere imperdonabilmente sbagliato nell’incontrare la magistrata di Catania ma ho accettato di incontrarla solo dopo aver svolto il mio lavoro di relatrice e avere determinato la decisione del tutto opposta alle speranze della interessata”.

Rosanna Natoli sottolineò il fatto che incontrò la giudice solo su “pressante richiesta di un vecchio e da tutti stimato amico (non avvocato ed estraneo alla politica) che mi pregò per un atto di `pietà´ stante, mi disse, il grave stato di salute della interessata. Ciò che mi preme sottolineare è che nessuno degli esponenti politici provinciali, regionali e men che meno nazionali del mio partito di provenienza è mai stato a conoscenza diretta o indiretta di questa vicenda del tutto estranea a ogni riferimento politico- disse Rosanna Natoli- Mi rammarico ancora per la mia inammissibile decisione di incontrare la magistrata difesa dall’avvocato Taormina la quale ha evidentemente preordinato la registrazione di un colloquio che, ripeto, è comunque avvenuto solo dopo la mia dura decisione disciplinare nei suoi confronti”.

giudiziaria

Catania, arrestato Orazio Buda, deve scontare 10 anni di carcere

E’ arrivata la sentenza definitiva per colui che viene considerato dalla Procura un esponente del clan “Cappello-Carateddi”. E’ stato condannato dalla Corte d’Appello etnea per associazione a delinquere di stampo mafioso

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I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un “ordine di carcerazione” a seguito di sentenza definitiva di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, emessa dalla Corte d’Appello etnea nei confronti di Orazio Buda, esponente del clan “Cappello-Carateddi”.

Buda era rimasto coinvolto nell’inchiesta “Sipario” condotta dalla Guardia di Finanza. Nell’indagine l’attenzione dei finanzieri si era incentrata su Orazio Buda, legato al gruppo di Orazio Privitera, esponente di vertice del clan “Cappello-Carateddi”, il quale “avrebbe sistematicamente provveduto a reimpiegare il denaro ricavato dalle condotte delittuose- scrivono dal comando provinciale della Guardia di Finanza- in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a soggetti terzi (c.d. “prestanome” o “teste di legno”) al fine di schermarne la reale riconducibilità sia alla sua persona che al clan mafioso”.

Le indagini avrebbero consentito di individuare “numerosi atti estorsivi di Buda a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti e nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale avrebbe preteso e ottenuto l’elargizione di opere da destinare, in parte, a pubblici funzionari al fine di tessere rapporti relazionali utili per perseguire le finalità illecite del sodalizio criminale e, in parte, ad arredare alcuni esercizi commerciali al medesimo riconducibili”.

I finanzieri hanno proceduto nel 2021 all’esecuzione di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catania nei confronti di 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione, falso in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione elettorale, intralcio alla giustizia aggravato dal metodo mafioso.

Nella stessa indagine è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio di tre società aventi sede a Catania, operanti nella gestione di noti bar e ristoranti nel centro del capoluogo etneo, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. A

seguito di quell’indagini si è aperto il processo che ha recentemente portato alla condanna definitiva in secondo grado di Orazio Buda a 10 anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici e alla successiva misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di 3 anni.  Buda è stata prelevato dai finanzieri dal suo domicilio, sito nel quartiere etneo di Librino dove già scontava gli arresti domiciliari, per condurlo presso il carcere di “alta sicurezza” Catania-Bicocca.

 

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Cronaca

Catania, arrestati 5 uomini legati al clan Cappello- Bonaccorsi, condannati a pene residue

Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42. Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile

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A Catania la Polizia di stato ha  arrestato cinque persone condannate a pene residue comprese tra e otto e dodici anni di reclusione per vari titoli di reato: associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e detenzione abusiva di armi con l’aggravante di aver commesso i fatti agevolare l’operatività del clan Cappello-Bonaccorsi. Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42.

Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile della Questura di Catania e dallo Sco della polizia. Nei loro confronti sono stati eseguiti cinque ordini di carcerazione emessi dalla Procura generale etnea.

Nel blitz furono fermate nove persone ritenute appartenenti al clan Cappello -Bonaccorsi e altre quattro furono arrestate in flagranza perché detenevano numerose armi e diversi quantitativi di stupefacenti per conto della cosca. Durante delle perquisizioni, eseguite nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, all’epoca roccaforti di quel gruppo mafioso, fu infatti trovato e sequestrato un arsenale, con fucili d’assalto e di precisione, pistole, innumerevoli munizioni e giubbotti antiproiettile.

L’operazione permise, inoltre, di sequestrare oltre 22 chilogrammi di marijuana essiccata e oltre 70 piante e all’attrezzatura necessaria alla coltivazione della droga e al confezionamento di ‘dosi’. In quell’occasione furono anche sequestrati circa 250 mila euro, ritenuti provento di attività criminali.

 

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